C’era una volta un orologio, tipo serio e positivista, preciso e responsabile, conscio del ruolo che svolgeva nel paese, ove tutti regolavano i propri orologi sulla sua ora, esibita nella piazza centrale.
Questo orologio però aveva un cruccio: sentiva tutti che spesso sospiravano “è tardi”, “non c’è tempo” per fare questo o quello, “vorrei tornare giovane” e così via… cioè i soliti rammarichi per lo scorrere inesorabile del tempo.
L’orologio cercava di mantenersi in forma, di essere sempre preciso, nella speranza che ciò aiutasse tutti a regolarsi meglio, a fare in tempo a realizzare quanto desideravano, insomma a non avere rimpianti e delusioni. Ma nonostante ciò tutti continuavamo a lamentarsi.
Un bel giorno però l’orologio ebbe l’illuminazione. Fu un lampo e un’estasi. Comprese. E tutto felice si disse: caspita ! ma se io scandisco con efficacia lo scorrere del tempo, perché non scandirne invece il retrocedere ? Se giro all’indietro invece che in avanti, tutti avranno più tempo, torneranno giovani, e saranno felici. Dopodiché si mise coscienziosamente e precicisissimamente a girare all’inverso.
Successe il finimondo. La gente protestava, arrivò l’orologiaio trattandolo come fosse malato… e l’orologio non capiva. Soprattutto non capiva perché tutti non capissero.
Comunque continuò nella propria missione, nonostante gli interventi tecnici: allora la gente protestò ancora peggio, e vennero esperti cittadini a trattarlo come fosse impazzito, ed egli cominciò a dubitare circa la sanità mentale degli umani. Tuttavia solidalmente continuò nel fornire ciò che in fondo, ne era certo, tutti desideravano.
Il fatto è che dopo qualche giorno, con suo grande terrore, vide fermarsi sulla piazza un furgoncino, e smontarne un grande orologio elettronico, di quelli moderni da facciata. Al colmo della disperazione poi, l’orologio positivista sentì che avevano preso a smontarlo pezzo per pezzo. E piangendo lagrime di olio, quando gli staccarono la molla, fece appena in tempo a chiedersi: perché ?
Ingranaggi e rotelle furono dati ai ragazzi per giocare, in attesa di diventare vecchi. La molla fu portata al museo cittadino, per ricordo.