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Gli Etruschi a Pontecagnano

Il nuovo museo archeologico
martedì 26 febbraio 2008 di Arturo Capasso

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Un museo modello inaugurato in aprile 2007

Questo piccolo mondo arcaico. All’ingresso del museo dovrebbe essere ricordato il mònito che viene da un piccolo paese inglese:

“Io c’ero, quando voi non c’eravate,  
Io ci sarò, quando voi non ci sarete”.

E’ la saggia profezia del villaggio, dell’uomo attaccato alla sua terra, l’unica certezza in un mondo troppo ondivago, accecato da odio, cupidigia, falsi moralismi.

E’ la vita di ogni giorno, che ti commuove. Ruvidi utensili che hanno aiutato gente umile, forse schiavi o servi, nel lavoro dei campi e della casa. C’è anche una ricetta per la salsa alle olive. E’ ripresa dal De agri cultura –CXXVIII – di Catone:

Fai in questo modo l’epityrum con olive bianche, nere…Leva i noccioli sia dalle olive bianche sia da quelle nere…e preparale nella seguente maniera: pestale e aggiungici olio, aceto, coriandolo, cumino, finocchietto, ruta e menta. Riponile in un vaso e coprile bene con olio ed usale così condite

Qualche giorno fa ho avuto la gradita sorpresa di gustare presso un caro amico delle tartine fatte proprio con questa ricetta. Erano veramente deliziose.

In questo museo trovi anche e soprattutto oggetti raffinati, per una classe elitistica, che aveva la cura ed il culto della proprietà e sapeva ben vivere, con dovizia e ricchezza. Abiti in lino, monili bellissimi.

Qui la donna aveva il suo ruolo, se non addirittura la supremazia .E’ ripresa con pari dignità accanto al marito, in vita come in morte.

E poi ci sono armi di giovani guerrieri, pronti a difendere la propria terra o per muoversi a colonizzare con veloci imbarcazioni.

L’esercito era diviso in tre sezioni; una era formata da reparti di cavalleria e le altre due da fanteria pesante e fanteria leggera. Questa – a sua volta – era suddivisa in manipoli d’assalto – armati di lunghe aste – e in manipoli d’appoggio, con lance e corti giavellotti

Da dove vennero?

Recentemente i ricercatori del Laboratorio di Genetica Umana dell’Università di Pavia, diretto dal professor Antonio Torroni, partendo dallo studio del Dna mitocondriale dei toscani moderni, hanno concluso, in accordo con alcune fonti classiche (Erodoto) che gli Etruschi sono di origine mediorientale e giunsero in Toscana via mare.

Nel Grande Dizionario Enciclopedico a pagina 754 del volume quarto leggiamo: “La più antica notizia storica…risale ad Erodoto, il quale nelle sue Storie (I,94) afferma che gli E. – da lui naturalmente chiamati Tirreni – non furono che un ramo dei Lìdii, abitanti, come si sa, nella parte di mezzo dell’Asia Minore occidentale. Infestati…. da una violenta carestia, decisero d’inviare parte delle famiglie che formavano la loro nazione a cercarsi altrove una nuova patria…dopo essere passati attraverso molti popoli, giunsero fra gli Umbri, ove fondarono le città che abitano tuttora”.

Anche la Bolshaja Sovietskaja Entsiklopedija ( Grande Enciclopedia Sovietica) a pagina 257 del volume 49 è d’accordo con la versione su riportata.

Lo stesso dicasi per A history of architecture. A pagina 159 leggiamo: “According to Herodotus…they were immigrants from Lydia in Asia Minor”.

Il cammino dell’uomo

Le sale di questo museo ripercorrono il cammino dell’uomo. Un cammino lento, lunghissimo, ma fatto di continua evoluzione. Sembra di leggere Tito Lucrezio Caro che nel suo Libro V del suo De rerum natura scrive: “Gli uomini vissero prima selvaggiamente, ma presto adottarono il matrimonio. Si unirono in gruppi, aiutati dal sorgere della lingua. Poi fu scoperto il fuoco.

Man mano si crearono i primi governi e con essi le relative degenerazioni: ambizione, violenza, tirannia. Per vivere meglio si diedero delle regole e le affidarono ai magistrati. Sorse la religione. Con gli incendi si scoprirono i metalli: bronzo e ferro. E quindi l’invenzione del telaio, della semina, la musica, il canto, le arti varie e le scienze”.

E’ tutto un mondo che ti prende, ti avviluppa e ti porta in un tempo passato, scandito dalle stagioni e da grande attenzione per la mantica, l’arte della divinazione.

La religione

Proprio l’aspetto religioso di questi lontani antenati mi ha particolarmente interessato.

Una pittura parietale del IV secolo a. C., ora nel Museo di Villa Albani, mostra due personaggi dell’Oltretomba: C’è il dèmone Charum che con un pesante martello stacca l’anima del defunto dal corpo; c’ è poi una specie di angelo – Vanth – che prende in consegna l’anima e l’accompagna verso il regno dei morti.

Per conoscere in modo esaustivo quel mondo religioso, è necessario esaminare le fonti in nostro possesso; quelle dirette sono soprattutto le epigrafi e i reperti archeologici. Merita particolare attenzione una fonte letteraria. Secondo Raymond Bloch (volume 2, Dizionario delle Religioni, pag.736 ) “Un solo testo letterario è giunto fino a noi, quello che è scritto sulle striscette di lino di una mummia egiziana, conservata oggi nel museo di Zagabria.

Si tratta di un liber linteus, un libro di lino, che, trasportato in Egitto per via sconosciuta, è stato trasformato in strisce che sono state usate per fasciare la mummia di una donna vissuta fra il 150 e il 30 circa a. C.”

Ma il racconto diventa ancora più intrigante: “Un turista croato portò con sé questa mummia, che fece parte della sua collezione di Vienna; alla sua morte, passò al museo di Zagabria. Sono stati compiuti numerosissimi studi su questo insigne documento e, nonostante le difficoltà che presenta l’ermeneutica etrusca, hanno permesso di coglierne la natura e la composizione.

Questo rotolo di circa 14 m. di lunghezza ma di soli 33 cm. di altezza è coperto da un testo accuratamente diviso in dodici colonne, di cui ciascuna comprendeva, all’origine, una trentina di righe; queste si leggono, com’è normale in etrusco, da destra a sinistra. Si tratta di un autentico calendario rituale, che precisa le cerimonie che andavano compiute nelle diverse date dell’anno in onore di parecchi dèi”.

Non dimentichiamo che alla religione etrusca risale il prototipo del calendario romano, con la divisione in giorni fasti e nefasti.

Per le fonti indirette ci sono autori greci e latini, che riprendono testi scomparsi: gli Etrusci libri.

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Kotyle Lupocattivo

Riprendiamo ancora il Bloch circa la rivelazione: “La religione etrusca era una religione rivelata, i cui segreti erano stati insegnati agli uomini da personaggi profetici. Uno di loro, il più famoso, Tagete,…aveva la statura e l’aspetto di un bambino, ma aveva in sé la scienza del divino. L’Etruria intera accorse…per ascoltare e scrivere quello che questo stupefacente profeta le insegnava”.

Dodecapoli

L’ Etruria era una confederazione di dodici città e ogni anno c’era un’assemblea generale presso il tempio del dio Voltumno, che alcuni ritengono sorgesse dalle parti dell’attuale Montefiascone. Non c’era un patto di mutuo soccorso fra le città-stato e in caso di assedio bisognava contare sulle proprie forze.

C’è un aspetto della prassi costituzionale di quel popolo che merita di essere segnalato, perché potrebbe e dovrebbe trovare applicazione anche da noi., oggi: I magistrati furono scelti a governare dopo il tramonto della monarchia; restavano in carica solo un anno e dopo tale anno dovevano dar conto del loro operato ad una pubblica assemblea di cittadini, che man mano aumentò la sua base sociale, aprendosi ad altri ceti.

Gli Etruschi furono ingegneri, costruttori, trasformarono intere regioni, abbatterono boschi, prosciugarono paludi, regolarono i corsi d’acqua dei fiumi, crearono acquedotti e scoli, costruirono strade, ponti, porti.

Diedero un forte slancio all’agricoltura, al commercio e all’industria.

Ma ci sono anche risvolti negativi. V. P. Ducati in Etruria antica, I, pag.176, scrive: “Nell’indole etrusca constatiamo assai scarsa spiritualità ed invece una gran dose di materialismo. L’ Etrusco, intento più che ad altro alla vita quotidiana, ai traffici e alle industrie, alle opere agricole, ha una religione di carattere eminentemente superstizioso e magico; è, nell’osservare le norme religiose, che divengono per lui regole del vivere civile e formule di scienza, di una meticolosità tediosa.

Terminato il periodo di conquista, perde l’Etrusco il sentimento dei vincoli nazionali e non avverte in modo adeguato il pericolo che incombe dallo straniero minaccioso; ma spesso si adagia in un piatto fatalismo, da cui si sveglia ogni tanto con impeti subitanei, ma passeggeri. Ama egli la pompa, il cerimoniale e si dedica soprattutto ai piaceri materiali; lo spettacolo, la caccia, la danza lo attraggono, ma più di ogni altra cosa la mensa, ove specialmente fa sfoggio di magnificenza e di lusso

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Facciale per cavallo

E in Dionigi d’Alicarnasso (IX, 16) troviamo. “Il popolo etrusco era molle e splendido così in pace come in guerra, ammiratore più del necessario di ricchezze e di arte, seguite per i piaceri e le raffinatezze

Anche per gli Etruschi il periodo di massimo splendore fu seguito da un declino continuo, inesorabile.

Ancora una volta Ibn Khaldùn – il grande sociologo arabo del quattordicesimo secolo – aveva visto giusto. Aveva intuito con estrema precisione la teoria dei cicli, la storia che si ripete:

Le lotte fra gruppi portano inesorabilmente ad una supremazia e lo sbocco in un vero impero è inevitabile. Questo impero sarà sedentario, crescerà, ma la sua stessa natura lo renderà decadente.In nuce c’è un mondo destinato a soggiacere. Altre forze dall’esterno giovani e caricate distruggeranno il vecchio impero e prenderanno il suo posto

 



  • Gli Etruschi a Pontecagnano
    4 dicembre 2008

    grazie per aver scritto , era proprio quello che cercavo ora sò come orientarmi in un lavoro