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Passalacqua

LINA PASSALACQUA. FIABE E LEGGENDE

Una mostra a ingresso libero al Vittoriano espone l’ultimo ciclo pittorico e altre opere di un’artista caratterizzata da un grande dinamismo di matrice futurista.
sabato 16 dicembre 2017 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Pinocchio, La Fata Turchina, Alice nel paese delle meraviglie, Peter Pan, La lampada di Aladino, Il soldatino di piombo, Il bosco incantato, La nascita del deserto sono solo alcuni dei titoli dei dipinti di Lina Passalacqua che fanno parte del suo ultimo ciclo pittorico “Fiabe e leggende”, esposti nell’omonima mostra al Vittoriano fino al 14 gennaio 2018, insieme a una selezione di lavori precedenti. Motivi vegetali, voli di uccelli, guizzi di fuoco, maschere e burattini sembrano intrecciarsi ad altri elementi fantastici con una sapienza cromatica che salta subito agli occhi, ma ciò che colpisce maggiormente è proprio il singolare linguaggio, denso di emozioni visive, di flash e frammenti del mondo che rappresenta, sia esso reale, teatrale o letterario. Quella dei frammenti è in effetti una sua tematica ricorrente, come la stessa Passalacqua ha dichiarato, che le deriva dal Futurismo, che per lei caratterizza la nostra epoca.

L’impressione è che abbiamo a che fare con un’artista raffinata che riesce a coniugare nelle sue opere figura e astrazione, trasmettendo un grande dinamismo. Carlo Fabrizio Carli, che ha curato la mostra e la monografia “Lina Passalacqua. Cosmico dinamismo” (edita da Gangemi), a proposito del titolo della mostra, dedicata dalla pittrice ai due nipoti, fa presente che “l’ispirazione deriva qui dalla piena affermazione del regno fantastico. Temi e personaggi sono spesso forniti da capolavori assoluti della letteratura universale, di cui solo l’approssimazione intellettuale ha cercato di sbarazzarsi, classificandoli come testi per l’infanzia, e per ciò stesso minori”. A definire la realtà complessa delle fiabe, ci sono anche presenze negative, come Malefica e Specchio delle mie brame, dove la pittrice “evoca la presenza della maschera, pronta a occultare i lineamenti del volto, a dare vita a una continua alternanza di verità e di finzione”.

Ogni dipinto è affiancato da un bozzetto preparatorio, che è un’opera a sé, visto che è realizzato con l’uso elegantissimo del collage, ovvero con pezzi di carta del colore desiderato, ritagliati da riviste, quasi a voler significare un tempo che non è fatto né di passato, né di presente, ma di simultaneità. Si tratta di collages talmente raffinati, che a prima vista sembrano dipinti (“pennellate di carta” li ha definiti Carli), con l’unica eccezione di due bozzetti dove la sovrapposizione della carta è più evidente, datati 1974, che testimoniano l’interesse dell’artista per il mondo delle fiabe già in quella data lontana. Sono relativi al concorso indetto nel 1971 dal Comune di Roma, all’epoca del sindaco Clelio Darida, che lei vinse due anni dopo e che portò alla realizzazione di due grandi dipinti che furono collocati nella scuola elementare “Fabio Filzi”, attualmente irreperibili e per questo assenti dalla mostra.

La nascita del deserto, che si differenzia da altri dipinti per il suo esotismo, sia pure estremamente astratto, deriva da una leggenda araba che la pittrice ha raccontato spiegandone l’attualità. La sabbia che ora ricopre il deserto nasce da piccoli granelli che Allah ha gettato nei secoli su una terra, che prima era fertile e fresca, ogni volta che gli uomini disubbidivano al precetto di non compiere azioni malvagie. La sabbia col tempo ha ricoperto tutto, ma, perché gli uomini non dimenticassero il ricordo di ciò che avevano perduto, Allah volle che ogni tanto si presentassero ai loro occhi le immagini delle piante e delle acque scomparse. Per questo chi cammina nel deserto vede talvolta cose che non ci sono, ma quando tende le braccia per toccarle, la visione svanisce. Non è che un miraggio, simile a un sogno ad occhi aperti.

La carriera della Passalacqua (nata negli anni ’30 in Calabria, trasferitasi poi a Genova e attualmente a Roma) è lunga e complessa, in quanto va dal teatro alla pittura. In campo pittorico è sempre stata caratterizzata dalla continuità dell’ispirazione e dalla curiosità di chi è pronto a scoprire nuove sensazioni ed emozioni, anche se suddivise in cicli decennali. Già dal periodo delle “Vele” ha sempre fatto uso di bozzetti preparatori, perché i suoi dipinti, in quanto relativi a cicli, hanno bisogno di un coordinato progetto d’insieme.

L’artista, che ha insegnato per 35 anni al liceo artistico, si è avvicinata alla pittura nel 1960, sotto la guida del pittore e incisore Carlo Alberto Petrucci, accademico di San Luca e grande amico di Giorgio Morandi. Dopo la sua prima mostra personale del 1967, ne ha fatte più di 40, senza contare la partecipazione a oltre 90 collettive in Italia e all’estero. Altra cosa da ricordare è la sua adesione negli anni ‘80 alla Dichiarazione di “Futurismo oggi”, redatta da Enzo Benedetto, calabrese come lei. Non è un caso che la Passalacqua sia ampiamente rappresentata nel museo di Cosenza nella Sala dei Futuristi Calabresi, insieme al grande Umberto Boccioni e ad altri meno famosi.

Nella prima sala espositiva della mostra sono esposti alcuni dipinti dei suoi cicli, tra cui Vele, Voli, Le quattro stagioni, I quattro elementi, Frammenti. C’è anche un Autoritratto del 1991, un dipinto sacro (Il Verbo si è fatto carne, 1989) e Le belle forme disciogliea dai veli (dalla “Tosca” di Puccini), un olio del 2015 molto sensuale che trae spunto questa volta da un’opera lirica. Vi è espresso tutto il rimpianto del pittore Mario Cavaradossi, condannato a morte, per ciò che sta per perdere, l’amore della sua donna, in un momento in cui non ha mai “amato tanto la vita”. Gli intrecci sono tanti, dal sogno, alla realtà del momento, alla musica, che quasi sembra di cogliere, come del resto avviene nel dipinto L’uccello di fuoco, esposto nella sala dedicata alle fiabe e leggende, che riecheggia la dinamica musica di Stravinskij.

NOTA: le foto sono dell’autrice dell’articolo Nica Fiore

P.S.

PASSALACQUA. FIABE E LEGGENDE

Complesso del Vittoriano, Ala Brasini
Via di S. Pietro in Carcere, Roma
Orari: lunedì-giovedì: 9,30-19,30; venerdì e sabato: 9,30-22,00; domenica: 9,30-20,30


 

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