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MITO SULL’UNIONE

Meglio evitare le liti
venerdì 8 dicembre 2017 di Andrea Forte, Vivi Lombroso

Argomenti: Racconti, Romanzi


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C’era una volta un Tizio che propose ad un Caio di fare del lavoro insieme, cosa che quest’ultimo accettò

Ma purtroppo il lavoro non andava bene.

Ad un certo punto, quando ormai era chiaro che la cosa non sarebbe comunque andata, Tizio disse: “bè, pazienza. Questa società fra noi non funziona. Allora ci conviene scioglierla”. Caio rispose: “No, allora litighiamo”.

“Ma io non voglio litigare” spiegò Tizio relativamente sorpreso. E l’altro di rimando: “se non vuoi litigare, allora ti meno”.

“Ma perché vuoi fare questo ? Non serve a niente, e non conviene a nessuno” rispose il primo sempre più perplesso, capendo definitivamente di avere a che fare con un matto. “Se non vuoi le botte, allora ti ammazzo” ripeté Caio sempre più alterato.

A questo punto, Tizio si rese conto della situazione in corso, e del perché la società con quel pupazzo rotto non era andata bene, anche se ormai la cosa non aveva più importanza.

Pertanto disse: “sì, in effetti hai ragione ad essere adirato con me. Hai ragione di uccidermi. Ma ti prego, uccidimi senza farmi soffrire, perché oltre a tutto io sono un vigliacco, ed ho paura della sofferenza”. L’altro gongolava sempre più soddisfatto, riproponendosi in cuor suo naturalmente di torturare l’ex, prima di ammazzarlo.

Talché Tizio riprese: “e senti, io lo so che tu hai un grande animo. Ti prego fammi morire con la certezza che avrò una giusta sepoltura. Ma siccome io sono un incapace, come tu hai ben capito, scava la fossa nella quale fra breve mi seppellirai. Io passerò questo ultimo tempo piangere sulla mia idiozia”.

Schiattando di felicità, Caio si mise a scavargli la fossa. Ma rideva sotto i baffi furbescamente, pensando alla estrema beffa che avrebbe giocato al suo ex. Ne avrebbe infatti lasciato il cadavere insepolto in pasto agli avvoltoi, mentre la fossa l’avrebbe usata per nascondervi tutte le cose preziose depredate al morto.

Facendo il verso del magnanimo, ad un certo punto chiese all’altro: “ti va bene così ?”. E quello rispose: “oh, ti prego: un poco più profonda… mi sentirei come nudo con così poca terra sopra”.

Allora scuotendo la testa con commiserazione, e godendosi un mondo la beffa in corso, Caio proseguì a scavare. E due o tre volte chiese: “ti va bene così adesso ?”, godendo sempre più dell’inganno architettato. Ed ogni volta, su preghiera di Tizio, continuò a scavare.

Finalmente quest’ultimo si sporse a guardare sull’orlo di quello che, scava scava, era diventato quasi quasi un pozzo.

Ed annuendo disse: “sì, ora va bene: ti ringrazio. E ti saluto”. “Ehi, non spererai mica di fuggire” urlò Caio: “vengo fuori e ti spacco la testa”.

“Vieni, vieni, esci se sei bravo” gli rispose Tizio: “io intanto me ne vado. E stai tranquillo: non prenderò le tue cose, non mi hanno mai interessato. Ah, per tua informazione: non sto nemmeno a sporcarmi le mani con te. Non ti getterò addosso neppure un granello di terra. Come dovresti sapere, la regione è desertica. Hai tutto il tempo di morire con comodo…”.

Caio allora tentò di uscire dalla fossa troppo fonda, si mise ad imprecare, a chiedere aiuto, gli sfuggirono le urine e le feci, pianse e vomitò, maledisse ed implorò. Tizio era ormai lontano, incontro al proprio destino, qualunque fosse. Caio non ne aveva.

 

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