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LA FAVOLA DI RACCONTARE FAVOLE


giovedì 21 settembre 2017 di La Redazione



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di Andrea Forte & Vivi Lombroso

C’era una volta… un re e una regina ? domanderete voi. Ebbene no… allora animali meravigliosi in un bosco fantastico? Ma no. Allora spiriti strani e minerali sconosciuti ? No, no: c’era una volta… la realtà. Oh – direte voi – ma che razza di favola è questa ? Nelle favole non c’è realtà, altrimenti che favole sono ?

Ebbene sì, in questa favola c’è la realtà, perché non è come tutte le altre, ma è la favola del raccontare le favole. Pertanto è unica, speciale, talmente speciale che –se non me la lasciate raccontare – ebbene ve la racconterò lo stesso.

Orbene c’era una volta la realtà. Essa era ordinata e per benino, coerente e consequenziale, anzi un po’ simmetrica. Ad ogni causa corrispondeva il suo effetto, ogni cosa era ciò che era, e faceva quello che faceva. Niente e nessuno si sognava di realizzare ciò che non gli competesse, o di non fare ciò che gli competesse, che poi è la stessa cosa. Insomma tutto andava per il verso suo…

Più precisamente, tutto andò per il suo verso finché non sopraggiunse un fatto, o (meglio) una cosa, o (più esattamente) un essere, insomma una sorta di entità non meglio identificata (nel senso proprio che non si sapeva donde venisse, né che fosse in realtà).

Sembrava una specie di folletto, molto frenetico in alcuni momenti, di una calma esasperante in altri, ingenuo ed anzi un po’ cretino per certe cose, di una furbizia matricolata per altre, comprensivo e buono in certi casi, crudele e perverso in altri etc. etc. Insomma un mattoide.

Sia come sia, il mattoide vide tutto questo ordine generale, lo misurò e soppesò, lo controllò e valutò, indi concluse: «si potrebbe fare qualche modifica…».

A onor del vero, bisogna dire che il folletto era sì un mattoide, ma non era poi del tutto scemo. Si era reso conto infatti come ci fosse un grave difetto nel sistema: la noia. Pensateci un attimo: in un mondo ove tutto sia coerente e consequenziale, praticamente tutto risulta prevedibile e previsto, laddove a quel punto è perfettamente inutile che accada. E così si mise a fare modifiche.

Sul principio era un po’ difficile inventarle, ma era anche molto divertente. Poi ci prese la mano, ed allora il folletto cominciò ad annoiarsi di fare modifiche, anche se tutti si divertivano un mondo alle sue invenzioni, o ne restavano sconcertati (ed anche quelli che simulavano disinteresse). Allora il folletto pensò: «si potrebbe modificare qualche modifica…». Sul principio questo risultò parecchio difficile, ma ancor più divertente di prima. Senonché anche a questo secondo sistema il folletto prese mano, finché non cominciò ad esserne nuovamente saturo.

Ora siamo alla terza fase, ove modifica modifiche modificate. Che s’inventerà quando pure questo gioco complicatissimo, anche se apparentemente semplice, non riuscirà più a tenerlo impegnato ? Staremo a vedere.

Probabilmente sarà il contenuto di un’altra favola.

 

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