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Rubrica: CULTURA


XANTOCCIDENTALI ovvero gli eschimesi


lunedì 10 dicembre 2007 di Andrea Forte, Vivi Lombroso

Argomenti: Mondo


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Gli Eschimesi (un nome che probabilmente deriva dalla parola degli Indiani Wabanaki, eskimantsik = mangiatore di carne cruda), si indicano da se stessi col termine inuit, uomini, proprietari; al singolare inuk. Abitano attualmente in una zona che si estende per 10.000 Km, dall’estremità della Siberia e delle Aleutine, fino alla Groenlandia orientale est. Dal punto razziale costituiscono un tipo antropologico con caratteristiche mongoloidi, che si indicano anche col termine di protoamercihe.

La dottrina eschimese dell’anima si contraddistingue per un fondamentale dualismo, o pluralismo dualistico; l’uomo, e a volte gli animali, hanno un’anima libera, che costituisce una manifestazione extracorporea percettibile nel sogno, nelle visoni, nello svenimento, e in trans. Nella lingua eschimese, il concetto chiave del mondo sovrannaturale con le sue potenze, divinità e spiriti, è quello di inua, possessivo di inuk, uomo, che significa “il suo signore, la sua persona”. Tutto nella natura e nel mondo animale ha un suo signore, un suo protettore sovrannaturale, o un suo spirito, una sua divinità.

La divinità suprema della terra e del cielo, nei vasti territori degli eschimesi dell’est e del centro, ha il nome di Sila (aria, meteora, mondo, intelligenza, saggezza). La forma e il sesso di questa divinità suprema, scarsamente personalizzata, variano da luogo a luogo, e in genere restano vaghi. L’aspetto animistico e teista si esprime nel concetto di inua, signore dell’uno e dell’altro sesso. Raramente la divinità viene indicata come creatrice. Riassumendo in sé tutta l’esperienza della natura, essa è rappresentata dalle forze naturali; in primo luogo dal vento, tempesta di neve, nuvole e pioggia, nonché dal mare e dall’atmosfera, tutti elementi di grande rilievo nella vita degli eschimesi. Specie in momenti di grave pericolo e smarrimento, ci si è dunque rivolti a questa divinità suprema, considerata come l’istanza più elevata e meglio in grado di decidere sul destino, anche se in genere non le si è dedicato alcun culto organizzato.

I riti osservati in occasione della morte e per i defunti sono più o meno ben fissati e regolamentati, ma le rappresentazioni connesse a questi riti e concernenti l’aldilà hanno un carattere sconcertante e spesso pieno di contraddizioni. Il cadavere veniva in genere avvolto in pelle di animale ed esposto sulla tundra. In Alaska veniva posto su una piattaforme poggiante su picchetti. Lungo la costa del Pacifico, come fra gli Aleuti, i cadaveri dei capitribù e dei grandi cacciatori venivano mummificati; gli schiavi uccisi in occasione della morte di un capo, venivano bruciati e deposti in una fossa comune, mentre la gente normale era inumata in bare di legno.

Per altro verso, la società eschimese era di un tipo sociale semplice, egualitario, dove le unità di base erano costituite dalla famiglia e dai gruppi locali. I capifamiglia o i membri più anziani, i cacciatori e i capi più abili erano, con gli sciamani, le uniche persone che godessero di un certo prestigio; professavano svariate opinioni sul cammino che conduce al regno dei morti e sull’ubicazione e natura di quest’ultimo.

Nella maggior parte dei luoghi si è operata la distinzione fra un regno dei morti in cielo e un regno sotterraneo o sottomarino. Il defunto, a seconda del tipo di morte o del rango sociale, meno spesso a seconda delle doti morali, giungeva in uno di questi due mondi.

Fra gli eschimesi del centro e della Groenlandia, Sedna è stata considerata come la regina che regna sulla maggior parte dei morti, e la sua dimora in fondo al mare come il luogo di raduno generale dei defunti (la credenza in una rinascita come essere umano, reincarnazione, o in una trasmigrazione nel corpo di un animale, è stata assai diffusa tra gli eschimesi. Si credeva che l’anima o il nome fossero portatori dell’identità dell’essere, e il tramite tra il defunto e la sua nuova incarnazione.

Presso tutti gli eschimesi il bambino recava il nome di una persona morta da poco, di solito quella di un parente, il che facilitava e confermava la reincarnazione. A parte la credenza nella reincarnazione, gli eschimesi non hanno dimostrato un grande interesse per la vita dopo la morte; la loro religione è stata soprattutto contrassegnata dalla dura lotta per l’esistenza in terra.

Recenti ricerche effettuate da Hugh Sinclair dell’International Institute of Human Nutrition di Londra presso gli eschimesi, tendono a dimostrare che tali popoli siano stati e tuttora continuino ad essere completamente carnivori. Il fenomeno è notevole in quanto si tratterrebbe di alimentazione inconsueta per la propria quasi assoluta uniformità. Tale alimentazione evidentemente resta obbligata dalle situazioni ambientali. È stato osservato che, come altri carnivori quali i gatti e alcuni animali marini, gli eschimesi sembrano non avere la possibilità di denaturare e digerire certi acidi grassi di origine vegetale, grassi che sono considerati essenziali per la vita umana, e quindi li devono ottenere mangiando carne di animali che ne hanno la capacità, essendo in tal modo obbligati ad essere carnivori.

A questo punto va in crisi uno dei capisaldi dello pseudoesoterismo secondo il quale la dieta costituirebbe uno dei fattori determinanti per la crescita spirituale. Secondo lo pseudoesoterista, ad esempio, la dieta esclusivamente vegetariana sarebbe salvifica, ma ciò resta contraddetto dal fatto che si hanno individui spiritualmente qualificati non solo con alimentazione onnivora, ma persino con alimentazione esclusivamente carnivora.

Ci sembra che troppo spesso si confonda ciò che può essere una tecnica di autoperfezionamento con ciò che deve essere un obbligo di comportamento.

 

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