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Ascolta, il libro ti parla


domenica 8 aprile 2007 di Arturo Capasso



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Giorno dopo giorno saltano alla mente piccoli flash, pezzi di mosaico che vanno ad accorparsi; ascolta, il libro ti parla, si confida con te. Una prima annotazione mi viene da alcuni libri: grande delusione verso di me. Perché? Perché li ho abbandonati. Sì, abbandonati o - semplicemente - lasciati . L’antologia della letteratura italiana di Luigi Russo in tre volumi mi tenne compagnia al liceo. La leggevo con avidità, approfondivo le note, andavo a cercare autori sconosciuti e, se mi piacevano, passavo alle loro opere.

Finito il liceo, stupidamente me ne disfeci. Ma non fu il solo peccato. Portai, quel giorno, anche la grammatica latina: ricordo ancora tutte le pagine dei verbi. E il libro di scienze, quelli di storia, filosofia. Pensavo che non ne avrei avuto più bisogno, che ormai avevo delle belle enciclopedie. Altri libri dovevano entrare nelle anguste scaffalature. Occorreva fare spazio. Che cretino.

Passi pure per i libri di matematica e di fisica, mal sopportati. Ma gli altri, quelli che mi avevano aiutato a crescere. Quelli no, non avrei dovuto portarli quel mattino da un libraio distratto. Loro mi parlarono? Mi dissero qualcosa? Nulla. Proprio nulla. Adesso l’ho capito: ma come, proprio tu ci abbandoni? Noi che ti abbiamo dato tutto? Che delusione! Non ci aspettavamo questa fine, saremmo stati lieti di accompagnarti ancora.

Che può dire un cane che si "sente" abbandonato? Nulla. Perché il suo sgomento è così grande che gli mancano le parole. E così successe ai miei cari, sì, scusate, fatemi adoperare questa parola, ai miei cari, sgualciti, annotati, sottolineati libri. Ma c’è un altro "blocco" di libri che ho lasciato. Qui avrei le attenuanti generiche, perché non erano miei ma di mio padre e avrei potuto averli in eredità. Li lasciai nella casa. paterna, dove s’insediò mia sorella e che giustamente ritenevo-e ritengo - potesse essere una degnissima conservatrice. Ma questo che c’entra? Anche loro avrebbero voluto seguirmi. Ero, potrei dire, un padre adottivo. Erano intere collezioni di scrittori italiani e stranieri dell’Unione Tipografico Editrice Torinese.

Durante la guerra sfollammo a Sulmona; l’inverno era lungo, il tempo passava in attesa di tornare a Napoli. I volumi più grossi erano quelli di Pirandello. Ma io di quel periodo ho altri ricordi. Avevo perso l’unico paio di scarpe giocando in un campo di grano, dove era passata la mietitrice. Montagne di paglia nascosero le mie scarpe. Passai l’inverno con un paio di zoccoli, tanto vero che mia zia, pure sfollata con noi, mi chiamava zoccoletto.

Trascorrevo molto tempo da una signora che produceva torrone e scorze d’arancio candito. Mescolava le mandorle con lo zucchero sul fuoco, lentamente. Stendeva la poltiglia su un marmo bianco, faceva raffreddare e tagliava o, forse, tagliava prima che si raffreddasse. Mi sfugge il passaggio. E poi l’andata al mercato, accompagnavo mia madre e portavo la borsa della spesa. Un giorno la mia vecchiarella cadde, anzi scivolò su una lastra di ghiaccio. Rimase a letto per diversi giorni. Un solo tedesco andava su e giù per il Corso. Arrivarono due inglesi che tenevamo nascosti. Ma basta con questi ricordi.

I libri furono portati a Napoli e, col passare degli anni, ne lessi una buona parte. Ho con me Così parlò Zaratustra di Nietzsche, finito di stampare il 30 dicembre 1941-XX, ma che è una ristampa stereotipa della prima edizione I934, XIII. Ho lasciato Budda, Baudelaire, Cechov, Dostojevskij, Fichte, Gogol, Pascal, Tolstoj. Ho lasciato. Ma non erano miei. Come dicevo prima, ora sono ben conservati, ma rimane la delusione, la meraviglia di “chi” si è sentito lasciato.

Cos’è il mio, un rimorso tardivo?

Migliaia di libri. Antichi, vecchi, nuovi super consultati, mai letti. sono tutti uguali? Hanno tutti un’anima? Perché alcuni mi parlano, stavo per dire si confessano, mentre altri no? Il karma è diverso? È colpa mia se non recepisco il loro messaggio? Forse le mie antenne sono ridotte? Succede solo a me?

Lo riscontro anche con miei libri, miei articoli. Mi accosto con più piacere verso un volume che mi ricorda quando e perché l’ho scritto, l’immagine di chi me l’ha ispirato, raccolte ordinate o alla rinfusa di pagine dattiloscritte e mai stampate. L’afflato è ancora più intenso.

È fedele, il libro. Ti aspetta paziente, è ansioso di esserti utile, di passare un po’ di tempo con te.

Prima o poi verrà un giorno, un giorno in cui non ci sarò più; mia moglie prenderà il resto delle mie spoglie e le porterà via, forse chiamerà un rigattiere, così avrà meno disturbo.

Poveri "figli" e "amici" miei. Poveri compagni di viaggio . Spero per tutti voi una vita migliore, ma ne dubito.