Paolo Poli ha riservato ai suoi spettatori sei testi d’autore, o meglio d’autrice, cioè scene imperniate su scritti di Sei brillanti giornaliste del Novecento - come reca il titolo dello spettacolo messo in scena all’Eliseo a fine dicembre - che rivelano caratteri e aspetti del loro tempo.
Così attraverso le parole di Mura (inizio anni ’20 nel clima post-bellico), Paola Masino (fine anni ’20 con la visione di miserie diffuse dalla crisi americana), Irene Brin (lo sfacelo del secondo dopoguerra), Camilla Cederna (l’epoca del boom), Natalia Aspesi (la famiglia italiana e lo scapolo), Elena Giannini Belotti (una vecchietta destinata all’isolamento) scorre davanti a voi una serie di personaggi di epoche nelle quali le condizioni di vita di ciascuno risentono particolarmente degli eventi esterni. Siamo quindi a indovinate testimonianze di costume.
Quale il filo conduttore? Semplicemente l’estro, la creatività fantasiosa di Paolo Poli che offre a ciascun personaggio la sua divorante carica dissacratoria, liberando i racconti da ogni sovrastruttura per mostrare la naturale e reale piccola verità nascosta nelle rispettive vicende, con un linguaggio pungente, sodo, sempre rivolto ad esplicitare quel che poteva rimanere nascosto. Nessuna pruderie, nessun equivoco d’ambivalenza, ma sempre la schiettezza dirompente e irrispettosa nei confronti dei riferimenti istituzionali, politici, sessuali, sentimentali. Questi ultimi vengono in evidenza attraverso le canzoni proprie d’ogni epoca. La voce dell’artista penetrante e sottile nello stesso tempo e la sua mimica sono i fattori che trasformano i graffi in pezzi d’arte, fuori d’ogni schema, nell’incessante ed affermata volontà di scoprire ciò che vive all’interno di ogni parola, di ogni atto. In questa continua e brillante esposizione, innocente ed intelligente, il grande attore raggiunge pienamente il bersaglio, colpendo a tutto tonto, senza infingimenti, Trenta e lode all’interprete e regista per questa memorabile, gradevole e - a modo suo - eccitante rappresentazione, arricchita dalle bellissime scene di Emanuele Luzzati e dai costumi di Santuzza Carli. Le musiche recano il nome di Jacqueline Perrotti.