Ai Musei Capitolini dal 24 gennaio al 17 aprile 2017, in occasione del progetto di scambio tra il museo Tyssen Bornemisza di Madrid e i Musei Capitolini, viene esposta l’Annunciazione di El Greco, una grande tela del grande artista cretese che visse in Spagna gli ultimi 40 anni della sua vita. Si tratta di un evento da non perdere per gli appassionati d’arte, perché di El Greco esistono rare opere nei musei italiani, nonostante abbia soggiornato in Italia per ben dieci anni (1567 - 1577).
La mostra, ospitata nelle sale del piano terra dei Capitolini, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovraintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è a cura di Sergio Guarino (Catalogo Gangemi Editore).
L’Annunciazione, opera pienamente autografa dipinta da El Greco a Toledo, è il modello definitivo che fu presentato ai committenti per la realizzazione di un quadro di grandi dimensioni destinato a una maestosa pala d’altare (Retablo), chiusa in un’articolata cornice lignea.
Realizzato dal pittore negli anni 1596-1600 per l’altare maggiore del Colegio de Nuestra Señora de la Encarnación di Madrid, il Retablo di Doña Maria de Aragon, fondatrice del collegio e committente, venne smembrato all’inizio dell’Ottocento e cinque dei suoi grandi dipinti (alti mediamente 3 m) furono conservati al Museo del Prado, mentre il sesto ebbe come destinazione il Museo Nacional de Rumania di Bucarest.
Sono tutti d’accordo sul fatto che l’Annunciazione fosse al centro di questo gigantesco Retablo, un’opera complessa realizzata in 4 anni, quindi trasportata nel luglio del 1600 (in 21 giorni) da Toledo a Madrid e finalmente montata.
Guardando il quadro notiamo che ogni elemento di esso è su piani diversi, tutti gli spazi vengono riempiti e le figure sono allungate. La Vergine si volta, mentre l’arcangelo Gabriele arriva verso di lei, come pure la colomba dello Spirito Santo. La Madonna con la mano destra fa un gesto di saluto che sembra di turbamento e con la mano sinistra accenna alla presenza del roveto ardente di Mosè in basso al centro, simbolo della verginità di Maria. Gli angeli musicanti in alto sono legati alla tradizione classica italiana e sono rappresentativi della natività.
Il vero soggetto del quadro è l’incarnazione, Il momento in cui il divino si incarna in Gesù bambino. Maria turbata dice indicando il roveto ardente: ” com’è possibile che io rimanga incinta?” e l’Angelo che scende risponde: “su di te si proietterà l’ombra dello Spirito Santo con il volo della colomba”.
È un quadro destinato non al pubblico, ma ai teologi spagnoli agostiniani, un quadro di grande meditazione e riflessione, una vera e propria sottigliezza teologica.
Il roveto ardente e L’Annunciazione così concepita non sono idee solo di El Greco, ma sono presenti molto chiaramente in un’opera omonima di Tiziano, uno dei suoi ultimi quadri, esposto nella chiesa di San Salvador a Venezia.
La riflessione sui temi religiosi viene accentuata dall’uso di figure allungate e dallo stravolgimento del dato naturale in favore di un’evocazione quasi astratta, le pagine sfogliate al vento in un paesaggio astratto senza tempo: non a caso la “riscoperta” del pittore alla fine dell’Ottocento è una delle premesse delle moderne avanguardie artistiche.
Il quadro si inserisce nel periodo italiano di Caravaggio con le sue opere pubbliche e di Annibale Carracci che sta lavorando alla galleria di Palazzo Farnese. Un quadro di grande bellezza e ispirazione, merita una visita anche per poterlo inquadrare nell’arte del Seicento italiano.
Grande ritrattista e pittore di soggetti religiosi, El Greco fonde tre culture: la bizantina mistica e spirituale, l’arte italiana del Rinascimento per l’espressività e la spagnola rivolta spesso alla riflessione. Il suo vero nome era Domenico Teotokopulos. Era nato nel 1541 a Candia, che all’epoca faceva parte della Repubblica di Venezia ed era il centro di un importante movimento pittorico post-bizantino, chiamato Scuola cretese. Dopo l’apprendistato come pittore di icone diventò maestro d’arte seguendo il corso di quella tradizione artistica, prima di intraprendere, all’età di 26 anni, il viaggio verso Venezia, dove ha modo di vedere le opere del Veronese e di Jacopo Bassano e ne viene profondamente influenzato. Sempre a Venezia è attratto dallo stile di Tintoretto, che lascerà un’impronta indelebile nella sua vita. Nel 1570 si trasferisce a Roma dove resta fino al 1577, poi si stabilisce a Toledo dove resterà fino alla sua morte, avvenuta nel 1614.
Sebbene volesse entrare ad ogni costo alla corte del Re Filippo II, le commesse che prese non vennero molto considerate e solo alla fine della sua vita raggiunse il benessere e il prestigio che desiderava tanto.
El Greco scompare dalla scena artistica per ben due secoli e riappare nel periodo del Romanticismo e nelle Avanguardie con la sua espressività, originalità e l’uso dei colori che avrebbe ispirato addirittura Picasso, che sembra rimase impietrito e si inginocchiò davanti ad un’opera di El Greco. Anche gli espressionisti tedeschi ne furono influenzati, per via dei visi allungati e dell’horror vacui (una teoria ideata da Aristotele che afferma che ’la natura rifugge il vuoto’ e perciò la riempie costantemente). Anche la letteratura tedesca di Rilke venne influenzata dalle sua opere.
El Greco fu un uomo dal carattere molto forte, litigioso: una personalità ben definita, che spesso si scontrò con alcuni intellettuali dell’epoca. A Roma frequentò il circolo degli intellettuali di Alessandro Farnese, ma finì per abbandonarlo dopo soli due anni, infatti aprì una sua bottega indipendente che ebbe anche un certo successo.
Si spinse anche a criticare il Giudizio Universale di Michelangelo, ormai morto da sei anni, cercando di convincere Pio V che l’opera michelangiolesca non corrispondeva ai canoni della rappresentazione delle immagini sacre secondo la controriforma.