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Papa Francesco con il Grande Imam Ahmed al Tayeeb

BURQA E BURQINI

Quando l’abbigliamento è l’Imam a deciderlo
mercoledì 1 marzo 2017 di Sandro Meardi

Argomenti: Mondo
Argomenti: Opinioni, riflessioni
Argomenti: Moda


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Le ondate migratorie pressoché incontrollate che in questi ultimi anni fanno approdare sul suolo europeo, segnatamente quello italiano, centinaia di migliaia di extracomunitari, generano, tra le tante manifestazioni pro o contro l’accoglienza e l’integrazione, un senso di disfatta per come l’Europa, direi in ordine sparso, affronta politicamente l’epocale gestione dei flussi migratori. Ma al di là di una politica comune che al riguardo stenta a decollare, è innegabile un sentimento sempre più diffuso di avversione nei riguardi dell’immigrato inteso come diverso.

Inutile girare intorno al problema. La diversità c’è ed ovviamente non mi riferisco alla razza, all’etnia o addirittura al colore della pelle. Usi, costumi, tradizioni, leggi e quanto di antropologicamente culturale è stato capace di elaborare l’uomo nel corso della sua storia ed evoluzione alle diverse latitudini, è sin troppo facile misurarlo per doverne stare qui ad elencare quelle che talvolta sono persino abissali differenze. Ma un elemento su tutti spicca per le diversità che lo caratterizza; vorrei dirla, insieme a Marx, dal sapore oppiaceo e che, innegabilmente, è rintracciabile nella religione islamica, della quale sono rigidi osservanti e strettamente praticanti la stragrande maggioranza dei migranti, spesso provenienti da regimi teocratici ove il confine tra precetti religiosi e stato di diritto (laico) è praticamente annullato a scapito di quest’ultimo.

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Camillo Benso Conte di Cavour
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Comte Charles Forbes Montalembert

Vorrei ricordare a tal proposito che buona parte del ’800 è stata necessaria all’ Europa, segnatamente in Francia con Montalembert ed in Italia con Cavour, per affermare il principio di laicità dello Stato riassunto con la nota espressione ’libera Chiesa in libero Stato’, recepito in diversi articoli della nostra Costituzione. Anche questo, che a mio giudizio è da considerarsi una conquista di civiltà, deve aver contribuito a derogare da taluni precetti religiosi, ancorché forieri ed agevolatori di una dottrina morale ed etica di buona condotta umana, tanto da stentare ad accettarli e finanche a non tollerarli nell’osservanza altrui (la secolarizzazione, per dirla con gli etnologi), specialmente quando propugnati da una fede estranea alla tradizione religiosa alla quale si è stati comunque educati.

Vexata quaestio, tra le tante, la concezione islamica della donna ed il suo ruolo nella società civile (ammesso sia possibile chiamare così, secondo i canoni occidentali, una società teocratica come quella di fede islamica). Cosa che si riverbera in tutta una serie di precetti comportamentali e nello stesso abbigliamento al quale alla donna è fatto obbligo di indossare, per non offendere Allah e gli uomini che ne sono l’espressione terrena. Leggiamolo dunque insieme, direttamente dal Corano il versetto, ad esempio, che obbligherebbe, e sottolineo obbligherebbe per le ragioni che tenterò di spiegare in seguito, le donne ad indossare il velo integrale:

E di’ alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere una copertura fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri e di non battere i piedi sì da mostrare gli ornamenti che celano. Tornate pentiti ad Allah tutti quanti, o credenti, affinché possiate prosperare” (Sacro Corano versetto 31- Sura an-Nur - La Luce).

Non intendo fare un’analisi logico-conseguenziale dei precetti sopra esposti; sarebbe troppo lungo e persino pleonastico rispetto a ciò che già eloquentemente essi esprimono a chiare lettere. Tuttavia mi pare di non poter rintracciare in essi alcuna imposizione circa l’uso di un velo femminile che ne copra l’intera figura. Al massimo "una copertura fin sul petto" recita il Corano. Da qui si può ritenere che le diverse tipologie di velo che vediamo indossato dalle donne di fede musulmana, da quello quasi puramente simbolico, quale è quello adottato per coprire la testa lasciando scoperto il volto (hijab e chador), a quello invece integrale (nikab) che lascia scoperti solo gli occhi, o addirittura nemmeno quest’ultimi (burqa) coperti da una fitta maglia a rete, siano da considerarsi non soltanto come una traduzione delle diverse correnti nella storia dell’Islam, come ad esempio la sunnita, la sciita e la wahabita, ma anche l’interpretazione, più o meno integralista, rimessa agli Imam durante le loro preghiere canoniche (salat) all’interno dei luoghi di culto (moschee).

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Appare del tutto evidente pertanto, il ruolo centrale, nell’indicazione della ’corretta’ tipologia di velo femminile, esercitato dalla guida spirituale che ogni comunità islamica, più o meno estesa si dà per l’osservanza dei precetti religiosi. E siccome di questi ultimi, la libera interpretazione dell’Imam lascia spazio, come abbiamo visto, ad una gradualità di copertura femminile, tanto da autorizzare a parlare, anche in questo caso, di un Islam moderato e di uno integralista alla maniera dei taleban per intenderci, che si tratti di hijab, chador, niqab, o addirittura di burqa (fattispecie, le ultime due, per altro legittimamente vietate anche in fotografia sui documenti nelle società occidentali perché non consentono il riconoscimento dell’identità personale) nulla fa spostare il giudizio da esprimere con il termine sottomissione, nel modo di vestire al quale la donna islamica è, volente o nolente, sottoposta.

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Per la versione da spiaggia poi, noi occidentali, tanto per non restare indietro in termini di tendenze modaiole, abbiamo dato il nome di burkini al ’costume’ da mare, saltato alla ribaltata delle cronache giornalistiche per le polemiche suscitate dalla decisione francese, nell’estate del 2016, di vietarne l’uso sulle proprie spiagge. Motivazione del provvedimento: incompatibilità con i valori della Repubblica transalpina che rintraccia appunto nel burqini un simbolo dell’asservimento e sottomissione della donna; nonché per ragioni di ordine pubblico, rinvenibili nella difficoltà del riconoscimento dell’identità personale da parte delle forze dell’ordine, nonostante il burqini lasci il volto scoperto. Ma come dar torto ai ’cugini’ francesi? Era, ed è, pur sempre fresco il ricordo delle stragi al Bataclan e nella redazione di Chrlie Hebdo ad opera dell’ISIS.

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Nibras Breigheche

Se c’è un insegnamento del quale fare tesoro dunque nel valutare i comportamenti quotidiani dei musulmani, è sapere che questi non si esauriscono con la rigida ed inderogabile osservanza dei precetti coranici, ma si alimentano, si modellano e si realizzano sotto l’influsso e l’ascendente della predicazione dell’Imam di turno, dando luogo alle diverse versioni dell’Islam che si è soliti classificare: da quello moderato sino a quello fondamentalista, matrice del terrorismo. E non è un caso che il governo italiano abbia stipulato recentemente con le principali rappresentanze islamiche in Italia, il "Patto per un Islam italiano" che prevede diritti e doveri reciproci tra i quali il controllo nella formazione degli Imam prima e dei loro insegnamenti ai fedeli poi. Speriamo che funzioni, quale strumento di sincretismo non solo religioso. Posso solo aggiungere, con un pizzico d’ironia, tanto per restare in tema, che tra i firmatari per le rappresentanze islamiche c’era una donna: Nibras Breigheche opportunamente, manco a dirlo, velata.

 

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