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Batoni, Clemente XIII

Palazzo Barberini e le sue mostre

Palazzo Barberini ospita due mostre di approfondimento (una su Pompeo Batoni e l’altra sui caravaggeschi del museo Muża di Malta), nell’ambito del rilancio delle Gallerie Nazionali di Arte antica di Roma (Barberini e Corsini)
mercoledì 1 febbraio 2017 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Un gioiello architettonico come il palazzo Barberini di Roma ospita la Galleria Nazionale d’arte antica, ma in realtà divide questo compito con un altro spettacolare edificio, sia pure più periferico, ovvero palazzo Corsini alla Lungara. Le due Gallerie Nazionali di Roma, Palazzo Barberini e Galleria Corsini, divenute autonome con la riforma del Mibact nel luglio 2015 e rinominate ora “Barberini Corsini Gallerie Nazionali”, hanno presentato la nuova visione di rilancio strategico del museo voluta e ideata dal direttore Flaminia Gennari Santori. Questa strategia prevede l’inizio di un nuovo allestimento museale (che si concluderà nel 2018), una nuova identità visiva (nuovo logo, nuovo sito web e nuovi social), mostre di approfondimento all’interno del percorso museale, attività didattiche e molta musica, in modo da coinvolgere il visitatore, stimolandolo ad apprezzare sempre più l’arte.

Indubbiamente, se pensiamo alla situazione di Palazzo Barberini nel Novecento, quando il museo divideva i suoi spazi con il Circolo Ufficiali delle Forze armate, bisogna riconoscere che questo splendido palazzo barocco (vi hanno lavorato gli architetti Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini) è rinato, passo dopo passo, a nuova vita. È stato, in effetti, per troppo tempo un cruccio quello di non avere nella città un grande museo, e di essere costretti a conservare nei magazzini gran parte del nostro patrimonio artistico. Con la restituzione, un po’ per volta, di 700 mq di superficie da parte dei militari, il museo ha raggiunto dimensioni grandiose, e vanta capolavori quali la Fornarina di Raffaello, Venere e Adone di Tiziano, il ritratto di Enrico VIII di Holbein, quello di Erasmo da Rotterdam di Quentin Metsys, un Autoritratto del Bernini e i ritratti di Urbano VIII (uno dipinto ad olio e uno marmoreo) , pure del Bernini. Al Caravaggio si deve uno splendido dipinto raffigurante Giuditta che uccide Oloferne, mentre altri preziosi quadri sono opera di Filippo Lippi, Lorenzo Lotto, Tintoretto, Bronzino, El Greco, Canaletto, Gaspare Van Wittel.

Ad essi vanno aggiunti gli spettacolari affreschi, fra cui quello gigantesco della volta del salone realizzato nel 1633 da Pietro da Cortona. La sua enorme superficie, seconda solo a quella della Cappella Sistina in Vaticano, avrebbe spaventato chiunque, ma non lui. Con sicurezza ed inventiva egli creò un capolavoro, facendo vivere le figure allegoriche e gli altri elementi narrativi in uno spazio unico, continuo, in una sola visione prospettica piena di luce. L’affresco raffigura il Trionfo della Divina Provvidenza, ovvero il compimento dei suoi fini attraverso il potere spirituale e temporale del papato, in questo caso quello di papa Urbano VIII Barberini, le cui api araldiche saltano subito agli occhi. Ma, per sottolineare le doti del pontefice, vi sono anche altri emblematici animali: il leone simbolo di forza, il liocorno di purezza, l’orso di sagacità e l’ippogrifo di perspicacia.

Alle meraviglie del museo si aggiungono ora due mostre, alle quali faranno seguito altre nel corso dell’anno. La prima mostra è “Il pittore e il suo signore. Batoni, i Rezzonico e il ritratto d’occasione”, a cura di Michele Di Monte, visitabile fino al 23 aprile 2017. L’esposizione, ospitata in un’unica sala, trae spunto dal Ritratto del principe Abbondio Rezzonico, realizzato da Pompeo Batoni nel 1766 e acquistato recentemente dal Mibact per la Galleria Nazionale d’arte antica. Il principe, di nobile stirpe veneziana, commissionò questo grande ritratto (quasi 3 m di altezza e 2 m di larghezza) in occasione della sua nomina a Senatore di Roma, e pertanto Batoni l’ha raffigurato con virtuosistica perizia con alle spalle la scalinata del Campidoglio. Il dipinto dialoga in mostra con due ritratti del papa Clemente XIII Rezzonico, zio di Abbondio, uno realizzato dallo stesso Batoni e l’altro da Anton Raphael Mengs, celebre ritrattista dell’epoca (oltre che pittore di soggetti mitologici), e con altri dipinti settecenteschi che ci trasmettono tutti l’atmosfera fastosa del Settecento. Pure di Batoni sono il Ritratto del conte Niccolò Soderini, e quello di Sir Henry Peirse, un giovane inglese che si è fatto raffigurare col suo cane accanto a reperti classici in occasione del Grand Tour, immancabile per i giovani inglesi di alto lignaggio. Del viennese Anton von Maron, allievo di Mengs, è il Ritratto di Sir Robert Clive, firmato e datato 1766, che raffigura il governatore del Bengala, noto come “Clive of India”.

La seconda mostra, “Mediterraneo in chiaroscuro. Ribera, Stomer e Mattia Preti da Malta a Roma”, è più ampia della prima ed è visitabile fino al 21 maggio. Il Mediterraneo è quello dell’isola di Malta, sede dei Cavalieri di San Giovanni, o Ospedalieri, che avevano il compito di assistere i feriti all’epoca delle crociate, oltre a quello di difendere il Santo Sepolcro. Trasferitisi a Rodi dopo la caduta del regno di Gerusalemme, ebbero come loro successiva sede Malta. Ricordiamo che, anche se il loro ordine era imperniato sulla forza militare della loro flotta, i cavalieri portavano avanti una funzione di pace e di fratellanza, anche nei confronti del nemico islamico, per esempio contribuendo allo scambio dei prigionieri.

In mostra sono esposte opere di caravaggeschi (cui allude il termine “chiaroscuro”) provenienti dalla collezione del MUŻA – Mużew Nazzjonali tal-Arti de La Valletta di Malta, messe a confronto per la prima volta con i capolavori coevi della collezione romana. L’esposizione, a cura di Sandro Debono e Alessandro Cosma, è l’inizio di una collaborazione con musei internazionali che permettono di intrecciare la nostra storia artistica con quella di altri paesi, in questo caso con l’isola che ha ospitato pittori italiani quali Caravaggio (dal 1606 al 1608) e Mattia Preti. Detto il Cavalier Calabrese perché si fece cavaliere di San Giovanni, Preti vi visse per ben 30 anni e vi morì nel 1699. L’eredità artistica di Caravaggio, fortemente sentita da Jusepe de Ribera (detto lo Spagnoletto), Matthias Stomer, Simon Vouet, Hendrick Ter Bruggen, Preti, è ciò che lega questi pittori secenteschi. I dipinti provenienti da Malta sono messi a confronto con quelli della Galleria Nazionale (ad es. il Santo Stefano di Ribera del museo maltese è contrapposto al San Gregorio Magno di Palazzo Barberini dello stesso Ribera).

Non passano inosservate le tele di ispirazione biblica del fiammingo Stomer (Adamo ed Eva piangono Abele morto, il Buon Samaritano, la Decollazione del Battista) dai forti contrasti luministici, come pure la Vanitas di Palazzo Barberini, attribuita al misterioso “Maestro delle candele”, e il piccolo dipinto raffigurante Eraclito, del quale si propone in questa mostra l’attribuzione al caravaggista olandese David de Haen. Il filosofo, raffigurato come un vecchio rugoso, è identificabile per la presenza di alcune lacrime, visto che nell’antichità era conosciuto come “il filosofo del pianto” in contrapposizione a Democrito, che era “il filosofo del riso”.

Molto più noto per noi è Mattia Preti (protagonista di un’importante mostra alla Galleria Corsini un anno fa), del quale sono esposte alcune tele veramente notevoli, come la Resurrezione di Lazzaro, l’Incredulità di San Tommaso, l’Ebbrezza di Noè, Lot e le figlie, e la Fuga da Troia, che nella sua plasticità sembra quasi rifarsi alla celebre scultura con lo stesso soggetto del Bernini (Enea, Anchise e Ascanio), conservata nella Galleria Borghese.

P.S.

Palazzo Barberini

Via delle Quattro Fontane, 13 – Roma
Orario: da martedì a domenica 8,30-19 (la biglietteria chiude alle 18); chiuso il lunedì
Biglietto: 7€, ridotto 3,50€; gratuito per gli aventi diritto
Biglietto Palazzo Barberini + Galleria Corsini (valido tre giorni) 9€