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Il Museo Universale in mostra alle Scuderie del Quirinale

Dai furti d’arte di Napoleone al recupero del 1816
domenica 1 gennaio 2017 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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“Universale”: è proprio questo l’unico aggettivo adatto a rendere l’idea di quello che doveva essere il nascente museo del Louvre secondo Napoleone, ovvero un’esposizione d’arte destinata a raccogliere le opere più eccelse provenienti dai territori del suo impero, in gran parte portate via da collezioni e chiese italiane, perché l’Italia vantava un indiscusso primato artistico, in quanto erede del mondo classico. La mostra che si tiene nelle Scuderie del Quirinale “Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova”, racconta, a duecento anni di distanza, il complesso recupero dei capolavori italiani dalla Francia dopo la caduta di Napoleone. Con il Congresso di Vienna (1814-1815) lo Stato Pontificio e le molte amministrazioni locali della penisola italiana ottennero la restituzione dell’80% delle opere, che rientrarono a Bologna alla fine del 1815 e a Roma all’inizio del 1816. Fu Antonio Canova, dato il prestigio di cui godeva nei vari paesi europei, a trattare la restituzione dei beni pontifici, incaricato allo scopo da Pio VII.

Troviamo i ritratti di questi importanti personaggi nella prima sala espositiva (di Thomas Lawrence il ritratto di Canova e di Vincenzo Camuccini quello di Pio VII), insieme a quello di Giorgio IV d’Inghilterra (di Lawrence), il monarca che favorì il recupero delle opere sottratte, e a due capolavori restituiti: il celeberrimo gruppo del Laocoonte, del quale è esposto un calco ottocentesco in gesso, e la Strage degli Innocenti di Guido Reni. Scelta questa che ci sembra esemplare per introdurre il visitatore alla mostra, in quanto Reni rappresenta la scuola emiliana ampiamente razziata a Bologna, mentre il Laooconte rappresenta l’espropriazione perpetrata a Roma.

Il percorso della mostra prosegue con capolavori del Rinascimento italiano, a partire dal Ritratto di Leone X, di Raffaello, proveniente dagli Uffizi, esposto accanto a una copia della Pala Baglioni di Raffaello eseguita dal Cavalier d’Arpino, e a dipinti del Perugino (L’Arcangelo Gabriele, San Giovanni Battista tra quattro santi), di Andrea del Sarto (Compianto su Cristo morto), del Correggio (Compianto su Cristo morto), di Federico Barocci (Madonna col Bambino e santi): il tutto accostato nella stessa sala all’Apollo del Belvedere (calco in gesso), ideale della bellezza classica secondo Winckelmann. L’accostamento di un nudo maschile scultoreo con opere prettamente religiose può sembrare strano, ma è spiegato dal titolo della sezione, “Nel mito dell’antico e del Rinascimento”, perché, in effetti, a seguito della prima campagna d’Italia del 1796, furono scelte come opere da esportare al Musée Central des Arts (il Louvre, chiamato anche dai rivoluzionari “museo della Libertà”), sia capolavori scultorei dell’arte classica, sia le opere di quegli artisti che dell’antico avevano dato le interpretazioni più significative, primo su tutti Raffaello, del quale fu prelevata l’intera produzione.

Seguendo le idee guida dei commissari napoleonici addetti alla selezione delle opere d’arte italiane, troviamo la sezione dedicata alla scuola bolognese del Seicento, che raccoglie capolavori dei Carracci, di Reni, del Guercino e del Domenichino, requisiti a Bologna e nella vicina Parma. La Fortuna con una corona di Reni, con il suo corpo nudo che si libra al di sopra della Terra, rievoca la bellezza delle Veneri antiche ed è quindi accostata alla marmorea Venere Capitolina (II secolo d.C.), prestata dai Musei Capitolini.

Seguono i dipinti di scuola veneta nella sezione “Tiziano, Veronese, Tintoretto: i grandi maestri del colore”, dipinti che arrivarono a Parigi nell’estate del 1798, insieme a numerosi preziosi manoscritti, alla celebre quadriga della basilica di San Marco e al leone della piazza antistante. Le opere esposte in questa sezione sono tutte di grande formato e ci colpiscono per le composizioni complesse e le architetture ardite.

La mostra prosegue al II piano, dove ammiriamo capolavori dei cosiddetti Primitivi, ovvero gli artisti che avevano preceduto Raffaello, tra cui Lorenzo Monaco, Zanobi Macchiavelli e Benozzo Gozzoli, selezionati in seguito al viaggio in Italia nel 1811 di Vivant Denon, all’epoca direttore del museo parigino. Troviamo il celebre Monumento funebre a Guidarello Guidarelli, proveniente da Ravenna, e una serie di opere legate a quelle gallerie, come la Pinacoteca di Brera, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Pinacoteca di Bologna o quella che oggi è la Galleria Nazionale dell’Umbria, che si sono formate a seguito del dibattito critico sul valore pubblico del patrimonio artistico al tempo di Napoleone, guardando al suo modello di museo, come è avvenuto a Milano per Brera, e subito dopo la sua caduta, in quanto le opere restituite, invece di ritornare alle chiese di origine, vennero raccolte nei nascenti musei cittadini. Chiudono il percorso espositivo la Venere Italica di Canova e i busti in marmo di personaggi italiani che si sono elevati in campo artistico, provenienti dalla Protomoteca Capitolina, nella sezione “Il genio dell’Italia: verso un pantheon nazionale delle arti”. Era questo il sogno di Canova: creare un’opera grandiosa in grado di onorare attraverso i suoi uomini illustri la Nazione, che metaforicamente è rappresentata in mostra nel dipinto di Francesco Hayez noto come Meditazione (o L’Italia del 1848), raffigurante una fanciulla affranta dal seno scoperto, con in mano un libro e una croce. La croce allude ai morti delle cinque giornate di Milano, alle quali il pittore aveva preso parte. Il sogno di un’Italia unita cominciava a prendere corpo, ma, come in tutte le rivoluzioni, molto sangue doveva ancora scorrere.

La mostra delle Scuderie, a cura di Valter Curzi, Carolina Brook e Claudio Parisi Presicce, è indubbiamente imperdibile per la presenza di capolavori assoluti provenienti da importanti musei, ma si fatica un po’ a seguire il percorso ragionato delle numerose sezioni. Di grande aiuto è il catalogo edito da Skira, che approfondisce con i suoi saggi le vicende storiche e le motivazioni politiche e culturali di un evento alquanto complesso. Indubbiamente l’appropriazione di opere d’arte come bottino di guerra è una pratica che c’è sempre stata ed è meno grave rispetto al saccheggio distruttivo, perché non di rado ha permesso la conservazione di opere che altrimenti sarebbero andate perdute. La cosa inedita nel caso della Francia napoleonica è stata la parvenza di regolarità data alle spoliazioni sistematiche, facendole passare come clausole dei trattati di pace, per dar lustro al Louvre, concepito come rivoluzionario “museo della Libertà”, e questo nel secolo dei Lumi, senza tener conto che privare un popolo dei suoi beni artistici è altrettanto grave che privarlo della libertà, perché lo si priva delle sue radici storiche e culturali.

P.S.

“Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova”

Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16 – Roma
Dal 16 dicembre 2016 al 12 marzo 2017
Orari: da domenica a giovedì 10.00-20.00; venerdi e sabato 10.00-22.30 (la biglietteria chiude un’ora prima).
Ingresso € 12, ridotto € 9,50
www.scuderiequirinale.it


 

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