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Femminile e femminino al Museo Andersen

Fino al 2 ottobre 2016 una mostra sulle donne a cavallo tra Ottocento e Novecento nella casa dello scultore Hendrik Andersen
mercoledì 1 giugno 2016 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Da quando è stato aperto a Roma nel 1999, il Museo Hendrik Christian Andersen ha ospitato diverse esposizioni di arte contemporanea, ma è comunque quasi sconosciuto al grande pubblico, pur trattandosi di una casa-museo affascinante (nei pressi del Lungotevere Flaminio, poco lontano da Porta del Popolo), dove gli oggetti e le opere d’arte che contiene sembrano quasi prender vita, evocando con la loro particolare atmosfera il ricordo di chi l’ha abitata. La mostra in corso “Femminile e femminino. Donne a casa Andersen”, a cura di Maria Giuseppina Di Monte, potrebbe essere l’occasione per conoscere questo luogo e, attraverso le opere dei fratelli Hendrik e Andreas Andersen, immergersi nell’universo femminile della loro epoca.

Il proprietario della casa neorinascimentale, denominata un tempo Villa Helene, era lo scultore americano di origine norvegese Hendrik Christian Andersen (che non ha nulla a che fare con il celebre autore di favole danese Hans Christian Andersen), che l’aveva progettata negli Anni ’20 del Novecento con due grandi atelier al piano terra e un elegante appartamento al primo piano, cui venne aggiunto in seguito un ulteriore piano. Alla sua morte, nel 1940, lasciò la casa, con la collezione di opere d’arte e l’archivio, allo Stato italiano, ma con l’usufrutto alla sorella adottiva Lucia, che la utilizzò come albergo fino alla sua morte nel 1978.

Le magniloquenti sculture di Hendrik, di gusto classico, erano concepite dall’autore come elementi decorativi di un’architettura relativa a un grandioso progetto urbanistico, una sorta di città dell’uomo e della spiritualità. Di lui si ricorda la grande amicizia (o forse relazione amorosa) con lo scrittore Henry James, il quale apprezzava soprattutto le sue sculture più piccole, che, in effetti, hanno una resa maggiore rispetto a quelle grandi, enfatiche e troppo fisse.

Quanto al fratello Andreas (Bergen 1869 - Boston 1902), era un pittore ritrattista (e anche paesaggista), collocabile tra postimpressionismo e simbolismo, ed era il marito di Olivia Cushing, che, rimasta precocemente vedova, si trasferì dal cognato a Roma, recuperando dagli Stati Uniti le opere del marito e trasferendole qui. È quindi lei, insieme a Lucia e alla madre degli artisti, Helene, una delle donne di casa Andersen e a loro è dedicata una sezione della mostra, quella degli “affetti”.

La sezione intitolata “Tra sacro e profano”, è invece dedicata ad alcune figure archetipiche del misterioso e mutevole mondo femminile, dalla progenitrice Eva dipinta da Andreas in forme sensuali, alla Sirenetta (una sorta di ibrido bambino/bambina-pesce non pienamente definibile) in bronzo e marmo, alla Maddalena (matita e pastello su carta) , che incarna la conversione spirituale, alla marmorea Psiche (abbracciata ad Amore), che impersona la divinizzazione dello spirito, tutte di Hendrik.

Lo studio del corpo femminile, ovvero i disegni dal vero della seconda sezione, diventa per i due fratelli il tramite per definire meglio il “femminile” e il “maschile”, come si vede dalle prime prove artistiche condotte presso l’Académie Julian di Parigi. Particolari sono i nudi di Hendrik caratterizzati da una linea fortemente incisa. In una vetrina si possono ammirare anche gli strumenti di lavoro, e il camice che indossava per non sporcarsi.

L’immagine del ruolo femminile tra Ottocento e Novecento è il tema di un’altra sezione che ci propone i ritratti di molte personalità femminili dell’epoca, scrittrici, galleriste, attrici (c’è un tondo a rilievo raffigurante Francesca Bertini), cantanti, ma anche donne comuni che si battevano per il voto alle donne o per la pace. Notevoli sono i ritratti di Andreas della colta Isabella Stewart Gardner e di Ethel Cochrane, raffigurata in due oli (Ritratto di Ethel in abito da sera e Ethel Cochrane allo specchio.

Interessanti in questo contesto sono anche alcuni libri della biblioteca di Hendrik, scritti da donne, come “Women in industry” di Edith Abbott, “Roma Beata” di Maud Howe Elliott, e “The Secret Doctrine” di Helena Blavatski, la fondatrice della Società teosofica. Hendrik, in effetti, era abbastanza vicino a certe sette che parlavano di spiritualità e vedeva nel femminino (termine coniato da Goethe e usato anche da Carducci riferito alla regina Margherita) il tramite per raggiungere l’elevazione spirituale dell’uomo che si completa fino ad arrivare all’androginia dello spirito (che non è né maschile né femminile, ma un’unica simbolica unione delle due essenze).

Al piano terra è trattato il ruolo della donna nella città perfetta di Andersen, in particolare il piano generale per la realizzazione della “Fontana della vita”, un’opera complessa, elaborata a partire dal 1904, intorno alla quale sviluppò il suo progetto di città perfetta che egli definì “centro mondiale o fontana di conoscenza infinita, nutrita dagli sforzi dell’intera umanità nel campo dell’arte, della scienza, della religione, del commercio, dell’industria, della legge”. In questa utopistica città la presenza delle donne va di pari passo con quella degli uomini e, aggiungerei, dei bambini, che sembrano elevarsi al di sopra dei genitori. I corpi giganteschi e nudi trasmettono la gioia di vivere, non diversamente da altre fontane della stessa epoca, come la “Fonte Gaia” del Giardino del Lago di Villa Borghese (opera dello scultore Giovanni Nicolini), nella quale, però, i protagonisti sono dei Fauni.

P.S.

“Femminile e femminino. Donne a casa Andersen”
Museo Hendrik Christian Andersen
Roma, Via Pasquale Stanislao Mancini, 20
28 maggio - 2 ottobre 2016
Orario museo: tutti i giorni 9.30 – 19.30. Chiuso il lunedì (ultimo ingresso alle ore 19.00)
Visite mostra: la mostra è visitabile solo su prenotazione con visita accompagnata (max. 15 persone)
tel + 39 - 06 3219089 pm-laz.museoandersen@beniculturali.it