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Il baldacchino “di gusto cinese” di Magliano Sabina e il Cardinale Annibale Albani. (Gangemi Editore 2015)

Il Baldacchino del Cardinale Albani

Un volume sulla storia e il restauro di un ricco manufatto settecentesco di gusto esotico
venerdì 6 novembre 2015 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Barbara Fabjan (a cura di)


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Gli appassionati di arti minori, e dei tessuti in particolare, troveranno sicuramente affascinante il libro edito da Gangemi per conto della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, intitolato Il baldacchino “di gusto cinese” di Magliano Sabina e il Cardinale Annibale Albani.

Il libro è stato curato da Barbara Fabjan e contiene saggi di Zahra Azmoun, Maria Perla Colombini, Barbara Santoro, Anna Imponente, Maria Antonietta Gallone, Roberta Orsi Landini, Sara Ammazzini, Barbara Fabjan, Ilaria Degano.

Il volume ci fa conoscere la storia e il restauro di un manufatto particolarissimo, un “trono nobile di velluto rigamato alla cinese”, donato dal cardinale Annibale Albani alla diocesi di Sabina nel 1737. Eseguito con la tecnica del ricamo ad applicazione, utilizza stoffe più antiche (preziose sete e broccati del Seicento) applicate su una base di velluto per disegnare un fastoso decoro con scene esotiche, ispirate ai diari di viaggio che tanto successo avevano nel Settecento.

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Ritratto del Cardinale Albani
di P. Leone Ghezzi

In effetti il “secolo dei lumi”, caratterizzato dall’amore per le scienze, era altrettanto attratto dalle curiosità della natura, che già nel Seicento il dotto gesuita Athanasius Kircher aveva raccolto nel Collegio Romano, formando il primo museo di antichità e meraviglie, che comprendeva tra le altre cose anche la coda di una sirena e un corno di unicorno (in realtà di un narvalo). Animali inesistenti ma che erano molto presenti nella mitologia, nei bestiari medievali, e nell’arte.

Nel baldacchino troviamo animali veri, come il lupo, l’orso, la pantera, frammisti ad altri mitologici. Tra questi meriterebbero un approfondimento l’unicorno e il drago. L’unicorno, la cui iconografia non è costante perché va dal cavallo alla capra e al capriolo (figure queste ultime più frequenti nelle raffigurazioni del Nord Europa, dove l’animale è in genere talmente piccolo da poter poggiare la testa sul grembo di una vergine, e talvolta della Vergine Maria), è stato utilizzato nell’arte come simbolo di castità, di incorruttibilità e forza mentale. In questo caso ha indubbiamente l’aspetto di cavallo, rifacendosi alle immagini romane di unicorni che si trovano negli affreschi di Castel Sant’Angelo, voluti da Paolo III Farnese proprio per la loro valenza simbolica.

Quanto al drago, che nel cristianesimo occidentale è un simbolo del male, non si può non pensare alla Cina, dove è simbolo di potere, di fertilità e di energia, tanto da essere considerato il protettore del Celeste Impero. Oltretutto trattandosi di un manufatto di gusto orientale (il tessuto in seta è giallo oro ad effetto rigato), ci sembra in sintonia con altre figure di personaggi esotici, tra cui mongoli fastosamente abbigliati, tartari alle prese col tiro con l’arco e cinesi con il codino, oltre ad architetture a pagoda.

La Cina, in effetti, grazie ai mercanti olandesi e alla Compagnia di Gesù (e qui il nostro pensiero corre al gesuita Matteo Ricci, letterato, matematico e cartografo che risiedette a lungo in Cina al tempo della dinastia Ming), attraeva l’Occidente con i suoi meravigliosi manufatti, tanto che in tutta l’Europa si impose il gusto delle cineserie. Le fonti iconografiche che hanno ispirato il baldacchino vanno ricercate soprattutto nelle stampe tratte dagli acquerelli di Johan Nieuhof, cronista ufficiale dell’Ambasciata olandese in Cina tra il 1655 e il 1657 e in un manuale di decorazioni redatto da Olfert Dapper nel 1655.

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Scena di sacrificio azteco

Ma anche l’America latina, e più esattamente il Messico, è presente con una sanguinaria scena di sacrificio umano, situata al centro del dossale. Si tratta di un rituale azteco per ringraziare gli spiriti, ripreso da una stampa dell’edizione francese della Storia della conquista del Messico (1691). Una scena, questa, che appare a dir poco bizzarra in un contesto liturgico.

Tutto l’apparato decorativo, in effetti, non ha niente di religioso e, forse proprio per questo, il baldacchino, dopo essere stato utilizzato come arredo del seggio episcopale, a un certo punto era stato occultato alla vista, finché poco dopo l’unità d’Italia, venne “riscoperto” dal Conservatore del patrimonio culturale Mariano Guardabassi in una ricognizione nell’allora provincia dell’Umbria.

La sua segnalazione, oltre a indicare con precisione la cronologia e la committenza del manufatto, ne coglieva acutamente l’eccezionalità: “rara opera condotta su velluto cremisi con finissimi raccami in oro, argento e seta”. Ed è grazie alle sue pionieristiche fotografie che noi disponiamo delle prime immagini del baldacchino che riproducono con grande nitidezza anche le parti ora mancanti (manca il cosiddetto cielo, cioè la parte superiore).

Il fastoso baldacchino rientra nel gusto raffinato e cosmopolita di Annibale Albani (Urbino 1682 - Roma 1751), nipote di papa Clemente XI e fratello del più celebre Alessandro Albani. Cultore e mecenate delle arti, Annibale risiedeva a Roma nel palazzo delle Quattro Fontane e, una volta divenuto vescovo della diocesi di Sabina (la resse dal 1730 al 1743) “assicurò singolari ed immensi benefici alla chiesa di Magliano”, come riferito all’epoca. E quindi non sorprende il dono di un manufatto “alla cinese” dai ricchissimi decori, anche se laici, perché era nello spirito dei tempi entusiasmarsi per le “curiosità” dei paesi lontani, così come nel Rinascimento ci si entusiasmava per i miti pagani, anche se si era uomini di chiesa.

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Unicorno

Il restauro conservativo, condotto da Barbara Fabjan e nella fase finale da Mariella Nuzzo tra il 2009 e il 2012, ha permesso di dare piena leggibilità ai ricchi tessuti di seta e ai ricami con trame d’argento e d’oro, eseguiti da botteghe artigiane romane, aggiornate sui temi esotici. I risultati delle analisi scientifiche preliminari riguardanti i campioni di stoffa, i filati metallici e i coloranti sono tutti documentati nel libro, come pure i motivi iconografici, che sono illustrati da fotografie a colori. Ricordiamo che Urbino, città natale del cardinale Annibale, accoglie dal 6 al 29 novembre 2015 il prezioso baldacchino nel Palazzo Ducale, in una mostra a cura di Anna Imponente, che ne ha promosso il restauro quando era Soprintendente per i beni storici artistici ed etnoantropologici del Lazio.