In tempo di crisi che non smette di mordere, si sa, si può ricorrere a vari sistemi.
Ad esempio, per promuovere nuove forme di lavoro, in genere, si ricorre all’edilizia che da troppi anni, è ferma e non accenna ad evolversi.
Quello che stupisce maggiormente, però, è l’iniziativa da parte di molti, di incrementare costruzioni nuove, dimenticando quanto lavoro ci sarebbe da recuperare dalla ristrutturazione del “vecchio”, spesso in pericoloso abbandono.
Si è parlato molto delle scuole alcune delle quali cadono a pezzi (ed uso un eufemismo) e non si è fatto nulla ,o poco, di quanto veniva promesso a gran voce.
E gli ospedali? Ne vogliamo parlare? E gli edifici pubblici, i monumenti, i giardini, i parchi e, soprattutto, le macerie dei terremoti? Quante fonti di lavoro utili potrebbero derivare dal loro risanamento, senza la necessità di costruire nuove strutture e aggiungere cemento in un’Italia che è sempre più ridotta al minimo di spazi verdi….

Anche in questi casi, i privati potrebbero dare il loro contributo, indirizzare i loro appalti su opere utili alla comunità; evidentemente, altri interessi sono prioritari, a scapito dei cittadini che possono soltanto subire abusi su abusi.
Giorni or sono, si è sentito parlare di costruzioni nuove sul lago di Garda, per non parlare di altri esempi eclatanti di cui anche il nostro giornale si è occupato di recente.

Evidentemente, il problema ecologico, divenuto ormai di sopravvivenza, è superato da un dilagante abusivismo edilizio che crea continui “mostri” anche nei luoghi più belli della nostra Italia, “mostri” che, il più delle volte vengono abbandonati a metà costruzione e, successivamente, distrutti.
Sarebbe auspicabile, prima di aggiungere cemento al cemento, sanare ciò che già esiste ed utilizzare al meglio le strutture in nostro possesso abbandonate e ridotte ad un incessante declino.
