INFORMAZIONE
CULTURALE
Marzo 2024



HOME PAGE

ARCHIVI RIVISTA

Articoli on-line 7647
Articoli visitati
5087262
Connessi 12

INDICE GENERALE
INDICE MENSILE
RUBRICHE
PASSATO E PRESENTE
EVENTI
ITINERARI E VIAGGI
AVVOCATO AMICO
COSTUME E SOCIETA’
QUADRIFOGLIO
TERZA PAGINA
LETTURE CONSIGLIATE
CULTURA
SCIENZA E DINTORNI
FILATELIA
ARTE E NATURA
COMUNICATI STAMPA
MUSICA E SPETTACOLO
SPORT
ATTUALITA’
LIBRI RECENSITI
AUTORI
Argomenti

Monitorare l'attività del sito RSS 2.0
SITI AMICI

a cura di
Silvana Carletti (Dir.Resp.)
Carlo Vallauri
Giovanna D'Arbitrio
Odino Grubessi
Luciano De Vita (Editore)
On line copyright
2005-2018 by LDVRoma

Ultimo aggiornamento
27 marzo 2024   e  



Sito realizzato con il sistema
di pubblicazione Spip
sotto licenza GPL
JPEG - 89.1 Kb
Il Principe dei sogni

IL PRINCIPE DEI SOGNI

In mostra al Quirinale i 20 arazzi medicei con le Storie di Giuseppe di Bronzino e Pontormo
domenica 1 marzo 2015 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


Segnala l'articolo ad un amico

Correva l’anno 1537 quando Cosimo I de’ Medici (Firenze, 1519-1574), dopo un periodo agitato subentrato alla fine della Repubblica fiorentina, fu riconosciuto duca di Firenze. Aveva solo 17 anni, ma dimostrò di essere un abile e a tratti spietato politico, oltre che un fine intellettuale, restaurando il potere dei Medici e donando a Firenze una nuova prosperità artistica ed economica. Lo splendore di quell’epoca d’oro rivive nella mostra “Il Principe dei sogni”, che vede riuniti dopo 150 anni i 20 arazzi con le Storie di Giuseppe, commissionati dal duca tra il 1545 e il 1553 per la Sala dei Duecento in Palazzo Vecchio e realizzati dai maestri arazzieri fiamminghi Jan Rost e Nicolas Karcher, su cartoni di Jacopo Pontormo, Agnolo Bronzino e Francesco Salviati. La scelta del tema era dovuta al fatto che Cosimo amava identificarsi nel Giuseppe biblico, per le sue doti di uomo probo e lungimirante amministratore. Quando la capitale del Regno d’Italia fu trasferita a Firenze, i Savoia spostarono 10 di queste Storie a Palazzo Pitti e poi nel 1882 le trasferirono a Roma nel palazzo del Quirinale, che oggi vanta una collezione di oltre 260 arazzi, in gran parte provenienti dalle regge degli stati pre-unitari.

La mostra, pensata per l’Expo 2015 che richiamerà a Milano milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo, rappresenta la bellezza dell’arte italiana e l’eccellenza del restauro, dovuto all’Opificio delle Pietre dure di Firenze e al Laboratorio del Restauro del Quirinale. Viene ospitata dal 17 febbraio al 12 aprile 2015 nel Salone dei Corazzieri del Quirinale, quindi si sposterà a Milano nel Palazzo Reale (dal 23 aprile al 23 agosto 2015), e infine a Palazzo Vecchio a Firenze (dal 15 settembre 2015 al 15 febbraio 2016).

Si tratta di opere straordinarie, alte più di 6 m, realizzate con fili di cotone, lana, seta, argento e oro nell’arco di 20 anni (meno del tempo impiegato per il restauro, che è durato 27 anni). Raccontano la storia di Giuseppe secondo il racconto biblico (Genesi, 37-50), ovvero come Giuseppe, figlio di Giacobbe, viene abbandonato dai fratelli in un pozzo e venduto come schiavo in Egitto, dove, grazie alla sua onestà e alle sue eccelse doti mentali, conquista una posizione di primo piano presso il Faraone, riuscendo perfino a perdonare i fratelli e a ricongiungersi con la sua famiglia di origine. Una vera e propria metafora delle alterne vicende della grande famiglia fiorentina dei Medici, come sottolinea il curatore della mostra Louis Godart.

Grande risalto viene dato ai sogni, cui gli antichi attribuivano notevole importanza in quanto fonte di rivelazione divina. Basti pensare che l’oniromanzia, ovvero l’arte di interpretare i sogni, è documentata già nella cultura babilonese, e di riflesso nella Bibbia, con Daniele interprete di sogni a Babilonia e, ovviamente, con Giuseppe in Egitto e prima ancora nella terra di Canaan.

“Il sogno dei manipoli” è il primo arazzo della serie, tessuto da Karcher su cartone del Bronzino, e raffigura il protagonista che nel sonno vede i covoni del grano dei suoi fratelli prostrarsi davanti al suo covone, sogno questo che suscita l’odio dei fratelli verso di lui, che è il figlio prediletto di Giacobbe. È interessante notare che Bronzino ha introdotto nel racconto visivo alcuni elementi simbolici, come quello di Giuseppe che, mentre sogna, è protetto dalle fronde di un albero rigoglioso ma poggia il braccio su un ramo secco. L’allusione è al ramo estinto della dinastia medicea e al motto araldico di Cosimo “UNO AVULSO (non deficit alter)”, cioè “tolto uno (non viene meno l’altro)” rappresentato su una pianta di alloro, in parte fiorente in parte secca. L’alloro, simbolo di gloria, fa riferimento a un verso dell’Eneide e allo stesso tempo alla figura di Lorenzo il Magnifico.

Anche il secondo arazzo, tessuto da Rost su disegno del Bronzino, vede Giuseppe raccontare un sogno, quello “del sole, della luna e delle stelle”. In alto a sinistra Giuseppe è seduto su una nuvola e si volge verso le figure del Padre-Sole-Apollo e della Madre-Luna-Diana, che, avvolti entro sfere cosmiche, si inchinano davanti a lui, mentre sulla destra è raffigurato un volo di putti adoranti, undici quanto i fratelli, ognuno con in mano una stella. Anche qui sono presenti riferimenti ermetici e astrologici che presuppongono una vasta cultura filosofica e letteraria, secondo una passione tipica del Manierismo.

Forse proprio per questa sua profonda cultura umanistica (era anche poeta), oltre che per l’incantevole abilità pittorica, il Bronzino ebbe la capacità di farsi amare da Cosimo fino a diventare il suo artista di corte. A lui si devono in effetti la maggioranza dei cartoni (ben 16), perché subentrò ben presto al suo maestro Pontormo, il primo ad essere contattato, ma il cui lavoro non soddisfaceva del tutto il suo committente.

Tra le scene che colpiscono maggiormente l’osservatore vi è quella di “Giuseppe che fugge dalla moglie di Putifarre” (Karcher - Bronzino), episodio che contrappone alla bellezza e alla lussuria della donna la proverbiale castità del protagonista. La tunica rossa di lui viene quasi strappata e servirà alla donna come prova contro il giovane, che, accusato ingiustamente di tentata violenza, finirà in prigione. Si tratta di un tema molto diffuso nella letteratura classica (pensiamo al mito di Fedra, che si innamora del figliastro Ippolito e, non ricambiata, lo accusa e ne provoca la morte), e lo troviamo anche in un papiro egizio del XIII secolo a.C.

A questa scena segue “Giuseppe in prigione e il banchetto del Faraone” (Rost – Bronzino), un arazzo che si sviluppa su due livelli: in alto la prigione, dove Giuseppe dimostrerà le sue doti di interprete dei sogni, e sotto il banchetto, che si ispira all’ambiente della corte medicea, tanto che vi è raffigurata anche la bella moglie di Cosimo, Eleonora di Toledo, e lo stesso Cosimo nei panni del Faraone, mentre un suonatore è ritratto come il dio Apollo.

L’arazzo seguente, tessuto da Karcher su disegno di Francesco Salviati, raffigura in modo monumentale e teatrale “Giuseppe che spiega il sogno del faraone delle vacche grasse e magre”, sogno che, giustamente interpretato come un periodo di 7 anni di abbondanza seguiti da 7 anni di carestia, darà modo al protagonista di farsi valere e acquistare potere alla corte egiziana, tanto da diventare viceré. Le Storie si susseguono con gli episodi relativi ai rapporti che si instaurano nuovamente tra Giuseppe e i suoi fratelli, che, grazie al grano egiziano, saranno salvati dalla carestia.

Spettacolare è l’arazzo raffigurante il “Convito di Giuseppe con i fratelli” (Karcher – Bronzino), che segue il racconto biblico, con Giuseppe in vesti fastose seduto a un tavolo da solo, che guarda verso i fratelli seduti a un altro tavolo in ordine di età, e allo stesso tempo esalta il tema filosofico del convivio, con il simposio greco finalizzato alla degustazione dei vini e alla recita dei carmi, più che all’abbondanza delle vivande. Le architetture sono spettacolari (vi si riconosce Porta al Prato di Firenze) e le figure dei commensali molto realistiche (probabilmente sono stati ritratti alcuni cortigiani). Quanto a Giuseppe, bellissimo con i suoi capelli biondi, poggia su uno sgabello il cui piede, in forma di ariete, simboleggia Firenze.

Come già detto, i motivi emblematici e criptici non mancano, come pure quelli naturalistici (numerosissime sono le specie vegetali raffigurate tra nastri, festoni e ghirlande). Nell’episodio con “La coppa di Giuseppe ritrovata nel sacco di Beniamino”, si è voluta riconoscere la coppa usata dagli aruspici etruschi nell’arte della divinazione, arte che contraddistingue Giuseppe dagli altri mortali e che è messa in relazione con la capacità di Cosimo di prevedere e prevenire gli eventi. Giuseppe in questo unico arazzo è assente, forse perché l’inganno ordito a danno del fratello, nel desiderio di trattenerlo presso di sé, non è degno della sua rettitudine. Sarà in seguito all’episodio successivo, “Giuseppe trattiene Beniamino” (arazzo tessuto da Rost su disegno di Pontormo), che Giuseppe si renderà conto che i fratelli sono cambiati, tanto che Giuda si offrirà al posto dell’innocente fratello per non far soffrire il padre Giacobbe. A questo punto avviene il riconoscimento e il perdono verso i fratelli che lo avevano venduto come schiavo tanti anni prima. Seguono le scene che dall’incontro di Giuseppe con Giacobbe in Egitto, arrivano fino alla sepoltura di Giacobbe, che viene officiata da Giuseppe in veste di sommo sacerdote.

La storia di questi preziosi tessuti è decisamente affascinante e rispecchia la grande considerazione che il genere, prima di allora tipico del mondo nordico, ha all’epoca a Firenze. Per Cosimo aprire una manifattura di arazzi nella sua città vuol dire ricollegarsi a Leone X, che aveva commissionato a Raffaello i cartoni degli arazzi per la Cappella Sistina, realizzati a Bruxelles. Ogni arazzo con le Storie di Giuseppe riporta sulla cimosa il nome della città e il marchio dell’arazziere. Curioso è quello di Jan Rost, reso con un pollo arrosto.

P.S.

IL PRINCIPE DEI SOGNI. Giuseppe negli arazzi medicei di Pontormo e Bronzino
Roma, Palazzo del Quirinale
Orario: dal martedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15,30 alle 18,30; domenica dalle 8,30 alle 12. Lunedì e festività chiuso
Ingresso gratuito