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Rubrica: CULTURA


WILLIAM SHAKESPEARE

Vita ed opere di un genio “universale”
giovedì 1 gennaio 2015 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Letteratura e filosofia


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Quando si parla di Shakespeare si prova quasi un timore reverenziale nel trattare l’argomento, per il grande spessore e la complessità del personaggio, imponente per ingegno e profondità di pensiero, un genio davvero “universale” le cui caratteristiche sono difficili da illustrare e condensare in poche righe. Ci proveremo comunque con umiltà, cominciando dall’ epoca in cui visse: “the Elizabethan Age”, un periodo di grande splendore e prosperità in cui letteratura e arte in genere produssero opere indimenticabili.

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Il teatro, in particolare quello shakespeariano, riuscì a conquistare tutti i livelli della scala sociale, da quelli più umili a quelli più elevati, fino ai sovrani dell’epoca, la grande Elisabetta e il suo successore Giacomo I, figlio di Maria Stuarda. Entrambi, infatti, furono “conquisi dai voli del dolce Cigno dell’Avon” (secondo Ben Jonson) e non gli lesinarono i loro favori.

Nato a Stratford-upon -Avon nell’aprile 1564 da Mary Arden e John Shakespeare, un guantaio divenuto poi sindaco, molto probabilmente frequentò la locale Grammar School e forse aiutò il padre nella gestione di una macelleria. Nel 1582 sposò Ann Hathway dalla quale ebbe tre figli. Si racconta che Shakespeare fosse costretto a scappare a Londra perché perseguitato da sir Thomas Lucy, nella cui tenuta aveva rubato un daino.

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Francis Bacon

Secondo William Davenant, Shakespeare lavorò come guardiano di cavalli all’ingresso di un teatro londinese. Nel 1592, tuttavia, era certamente già un attore e un drammaturgo tanto noto da suscitare l’invidia di Robert Greene che scrisse ai suoi colleghi: -Non è strano che io e voi, a cui tutti si sono inchinati finora, dobbiamo essere abbandonati a un tratto? Un villano rifatto di corvo, abbellitosi con le nostre penne, con un cuore di tigre celato sotto la pelle di un attore, s’immagina d’esser capace di dar fiato agli endecasillabi come il migliore di voi; ed essendo nient’altro che un Iohannes Factotum, presume d’essere l’unico Scuoti-scena dell’intero paese -. (Shake-scene, gioco di parole con Shake-speare=Scuoti-lancia).

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Shakespeare’s birthplace in Stratford

A dispetto delle sprezzanti parole di R. Greene, la fama di Shakespeare era ormai in ascesa: egli godeva della protezione del giovane conte di Southampton, al quale dedicò i primi poemi narrativi di “Venus and Adonis”, “The Rape of Lucrece” e forse anche i “Sonetti”, nel 1595 inoltre diventò membro nella Lord Chamberlain’s Company ed in seguito contribuì alla costruzione del famoso Globe Theatre. Nel 1597 Shakespeare comprò una grande casa a Stratford, conosciuta come New Place, nella quale trascorse i suoi ultimi anni fino alla morte, avvenuta il 23 aprile 1616.

Questa è la sua vita in breve, sulla quale comunque aleggia un alone di mistero poiché poche sono le notizie veramente documentate. Ben nota, inoltre, è la “Bacon- Shakespeare Controversy”, la vivace querelle sulla vera identità di Shakespeare che secondo diversi studiosi in realtà non era l’autore dei famosi drammi, ma solo un attore, un prestanome di cui si servì il grande filosofo Francis Bacon (ritenuto un rosacroce) non potendo apparire come drammaturgo per l’importante ruolo da lui ricoperto in società. Tra i “baconians” vengono citati il duca di Brunswick, il matematico Georg Cantor, I. Donelly, Edwin Reed, T. Berthram , nonché numerosi rosacrociani che hanno evidenziato la presenza di simboli e conoscenze esoteriche in molte opere. Di ciò parla “The Shakespeare Code”, un libro che offre prove concrete a sostegno di tale tesi (recensito dalla sottoscritta in un precedente articolo, “La verità, il potere, la storia”, pubblicato su Scena Illustrata).

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Amleto (L. Olivier)
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Indubbiamente commedie e tragedie pullulano di streghe, spettri, maghi, fate, gnomi, elfi: sovente sono citati i versi in cui Amleto afferma “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. Come evidenzia Frances Yates, non si può ignorare che nei suoi drammi (soprattutto in Amleto, Macbeth, Il sogno di una notte di mezza estate, La tempesta, Cimbelino, Il racconto d’Inverno) emerga una sapienza talmente estesa e profonda che sembra affondare le proprie radici nell’ermetismo e nella Cabala. S’individuano in esse concetti tratti da esoteristi quali Ermete Trismegisto, Paracelso, Cornelio Agrippa, Marsilio Ficino, Giordano Bruno. In uno studio approfondito, “The Occult Philosophy of the Elizabhethan Age”, F. Yates spiega che durante il Rinascimento magia, astrologia, alchimia erano considerate anche in Inghilterra come aspetti di un sistema intellettuale dell’universo, “presagio della scienza”, in quanto esso contribuì ad espandere e a stimolare la ricerca scientifica ampliando l’orizzonte terreno ad una visione universale, ai rapporti tra microcosmo e macrocosmo (“Come in alto, così in basso” E. Trismegisto). Il retroterra esoterico, ideologico e filosofico delle opere shakespeariane è quindi di estrema importanza per comprendere appieno i testi attraverso simboli e immagini.

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A questo punto ci sembra opportuno ricordare le opere di Shakespeare in un rapido excursus: oltre ai già citati Sonetti e poemetti, Shakespeare scrisse 37 opere teatrali che gli attori John Heminge e Henry Condell, pubblicarono nel 1623 dividendole in ”Comedies, Histories, Tragedies”, ma sfortunatamente senza le date di composizione. Molti critici, tuttavia, sono d’accordo nel distinguere 4 fasi nella sua carriera di drammaturgo, risolvendo il problema della loro cronologia in base alle cosiddette “prove interne ed esterne” (stile, riferimenti storici , ecc.).

I Fase: dal 1590 al 1596. E’ una fase di apprendistato, in cui egli imitò diversi autori. Seguì Marlow nei drammi storici Henry VI e Richard III, Plauto in The Comedy of Errors, Seneca nella tragedia di Titus Andronicus Ariosto in The Taming of the Shrew (La bisbetica domata), Green in The Two Gentlemen of Verona, Lyly in Love’s Labour’s Lost. Le tre opere teatrali con le quali si conclude questo periodo, mostrano invece già grande originalità e abilità: Romeo and Juliet, Richard II, A Midsummer Night’s Dream. Già in questa fase s’intravede la genialità dell’autore in uno stile versatile che ben si destreggia tra comico e tragico, sentimentale e sboccato (allusioni e doppi sensi), “wit” tipicamente inglese, metafore e paradossi, magia popolata da fate ed elfi e cruda realtà.

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Sogno di una notte di mezza estate

II Fase: dal 1997 al 1600. Shakespeare scrisse tragedie, come Henry IV e Henry V, Julius Caesar, e commedie, quali The Merchant of Venice, The Twelfth Night, opere in cui evidenzia maturità di stile, abilità nel gestire trame e delineare personaggi (ad esempio Falstaff, Shylock, Bruto ed altri). Nei drammi storici di tale periodo si affina l’introspezione psicologica di grandi personaggi alle prese con arti di governo, vittorie e sconfitte.

III Fase: dal 1601 al 1608. In questa fase scrisse le sue opere migliori: la farsa The Merry Wives of Windsor, le cosiddette “dark comedies” di Troilus and Cressida, All’s Well that Ends Well, Measure for Measure, le quattro grandi tragedie di Hamlet, Othello, King Lear, Macbeth e i due splendidi drammi sulla storia romana di Antony and Cleopatra, Coriolanus. In queste opere prevale un’immensa marezza, un terribile pessimismo perfino nelle commedie non a caso definite “dark” (oscure) o “bitter” (amare) in cui malgrado il lieto fine la vita viene osservata nei suoi aspetti negativi in uno stile satirico e realistico che riduce anche l’amore ad un oscuro istinto.

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Nelle quattro grandi tragedie, il Male sembra quasi prendere il posto del Fato delle tragedie greche, conducendo gli eroi shakespeariani alla rovina e alla morte. Possenti immagini scolpiscono i vizi umani rendendoli più concreti con versi crudi, come quelli sulla distruttiva brama di Potere che spinge gli uomini a predarsi tra loro come mostri degli abissi: “Humanity must perforce prey on itself/Like monsters of the deep” (King Lear). E in “Macbeth” il prevalere del Male fa perdere il significato stesso della vita (definita un’ombra vagante) e l’uomo appare come un povero attore che si pavoneggia e s’agita sulla scena per un’ora e poi tace per sempre, un racconto di un idiota, pieno di suono e furia, senza significato:

Life’s but a walking shadow; a poor player,
That struts and frets his hour upon the stage,
And then is heard no more: it is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing.

IV Fase: dal 1609 al 1613. Scrisse le sue ultime opere tra le quali ricordiamo, The Winter’s Tale, The Tempest: in esse prevale un tono più sereno, di perdono e riconciliazione, oltre al suddetto più marcato esoterismo.

Le opere di Shakespeare hanno avuto successo non solo a teatro, ma anche a cinema. Esistono centinaia di versioni cinematografiche delle sue più famose tragedie e commedie che riescono sempre a coinvolgere e interessare milioni di persone in tutto il mondo, nonostante il passare dei secoli. É quindi giusto usare l’aggettivo “universale” per questo grande genio che ha saputo descrivere la vita stessa nei suoi variegati aspetti attraverso una splendida galleria di personaggi, offrendo una rappresentazione efficace di tutti i sentimenti, vizi e virtù dell’uomo fino a toccare, soprattutto nelle tragedie, una nota metafisica, un brivido di mistero sui più profondi significati dell’esistenza umana.

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Secondo E. Chinol (A Short Survey of English Literature) Shakespeare era geniale in tutti gli stili: tragico e comico, sentimentale e satirico, lirico e prosaico”. Per questa grande versatilità Coleridge lo definì “our myriad-minded Shakespeare” e non a caso Goethe definì i suoi drammi “libri aperti del Destino, in cui il vento della commossa vita soffia e, qua e là, li sfoglia violento”.

 

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