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Il declino dell’impero americano (Longanesi, aprile 2014)

LA POLITICA INTERNAZIONALE NELLA VISIONE CRITICA DELL’AMBASCIATORE ROMANO


mercoledì 1 ottobre 2014 di Carlo Vallauri

Argomenti: Mondo
Argomenti: Politica
Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Sergio Romano


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Il lettore quotidiano del “Corriere della Sera” abituato ai testi brevi e succosi degli informati articoli di politica internazionale scritti da Sergio Romano, non sarà sorpreso dallo stile svelto quanto incisivo del libro ora pubblicato dall’ambasciatore dal titolo Il declino dell’impero americano (Longanesi, aprile 2014) e che riepiloga in rapidi capitoli le vicende che dalla fine della seconda guerra mondiale conducono ai giorni nostri.

Si tenga pronto il lettore a comprendere nelle stesse pagine ampi concetti di valore universale e particolari minuziosi di complicate vicende di grandi e piccoli Stati implicati nei conflitti politici e religiosi del mondo globalizzato, sì da essere costretto a seguire mentalmente uno sforzo di sintesi rivolto contemporaneamente ad eventi svoltisi in epoche diverse. Ma questo è il merito dell’autore che mostra di saper gestire con mano rapida concetti complessi e considerazioni realistiche attraverso spiegazioni che senza parteggiare per nessun protagonista delle contese tiene a sottolineare i dati concreti di una realtà composta da progetti grandiosi e nello stesso tempo spiega – e spesso sembra giustificare – la politica realistica messa in atto appunto dalle diverse potenze. E non a caso il testo muove, nella premessa, dall’isolazionismo USA giustificato – come osserva acutamente – dall’orgoglio congiunto alla prudenza. Il secondo argomento affrontato è il ruolo esercitato dagli States in Europa dal 1945, con l’esperienza del patto atlantico da un lato e la confluenza di interessi – e quindi con le posizioni – di parte britannica nella fase di trapasso che segnò le varie tappe degli strascichi del conflitto mondiale, come in Asia, mentre veniva alla luce un nazionalismo arabo sempre più insidioso: gli americani dovevano ancora seguire direttamente vicende nelle quali sempre maggiore diventava il peso della Cina.

D’altronde il contrasto primario tra le due grandi potenze conduceva l’impero americano ad accettare situazioni complesse nell’Europa divisa ma, soprattutto, a subire l’ascesa di una Cuba comunista nel cuore del suo perimetro. Nel frattempo l’Urss era diventato un colosso militare capace però di influenzare anche le grandi scelte concernenti l’uso delle testate nucleari in quella situazione di decompling (o disaccoppiamento) come dice Romano con una delle sue formule lessicalmente felici, quando spiega la situazione degli Stati europei che dovevano contemporaneamente accettare il ruolo mondiale americano ma anche accettare la presenza di missili sovietici pur sistemati in aree che creavano preoccupazioni crescenti ai fini della difesa del “mondo libero”.

E il romanzo sulla crisi dell’impero prosegue richiamando l’attenzione sull’ascesa di Reagan, che sostituisce alla linea di presenza nucleare la ricerca di un equilibrio capace di stabilire una difesa strategica attraverso un sistema di “guerre stellari” nel cui ambito gli Usa tendevano a rinforzare il complesso militare-industriale senza rinunciare all’uso delle bombe più potenti per una nuova strategia di difesa, liberandosi dell’obbligo della prudenza.

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Sergio Romano

L’arrivo di Gorbaciov al governo di Mosca cambierà naturalmente i rapporti tra le due potenze. La perestroika preludeva alla presa d’atto sovietica della gravità delle proprie condizioni mentre si complicava la questione dei missili americani collocati nei paesi alleati.

Nell’89 la crisi della grande e potente repubblica comunista stabilisce e sconvolge i rapporti internazionali, con la successiva creazione di una diarchia al Cremlino e poi la rapida, totale disintegrazione dello Stato sovietico. Un nuovo ordine mondiale: George H. W. Bush si trova di fronte un avversario indebolito e ciò favorisce lo svolgimento di una politica imperiale più marcata come si vede nell’invasione di Panama e poi negli interventi verso l’Europa. Seguirà Clinton con il rifiuto di farsi trascinare nei conflitti mediterranei (caso del Libano) mentre di fronte alla scissione della Jugoslavia si troverà costretto a seguire una serie di interventi stringenti come il rapido colpo nel Kossovo e contro Belgrado. Il dramma dell’Iraq, a suo volta, mostra la continuità di una politica di potenza che intende superare la contrapposizione all’Urss nella vecchia maniera.

Si giungerà poi con la presidenza del giovane Bush alla creazione di un perfezionato sistema missilistico.

Intanto nel Medio Oriente le complicazioni conducono a scelte rischiose come quella dell’attacco a Saddam Hussein, giustificato con la presenza di armi di distruzione di massa, che poi in effetti non si troveranno. Così in pochi anni gli USA si troveranno nel pieno di situazioni sempre più rischiose. Una serie di situazioni che risentono tutto il peso della vecchia politica, sino alle guerre in Iraq ed in Afghanistan. Se contro la Serbia nel ’99 gli USA sembrano isolati, le complicazioni nei paesi arabi condurranno a situazioni sempre più chiuse a sviluppi positivi che sarà poi Obama a dover gestire. Ma ormai era evidente la crisi dell’alta finanza americana. E così si giunge all’imprevista esplosione del fenomeno economico mondiale del 2007 che travolgerà tutti i paesi.

Maggiore potenza militare del pianeta, l’America stenta a trovare nuove linee guida sul piano finanziario e l’ascesa di Obama non faciliterà il gioco imperiale perché ormai si è costituita una serie di potenze minori, a cominciare dall’Asia Minore, dove batte alle porte l’Iran, che insieme ai mutamenti interni dell’America Meridionale cambiano i termini della situazione internazionale, nei paesi come si vedono sempre più difficili rapporti con il Pakistan. Particolarmente interessante il capitolo dedicato alla Turchia, perché gli stessi paesi, direttamente interessati all’argomento, troveranno difficoltà a scegliere una linea precisa, tanto più che nell’intero scacchiere arabo esplodevano continui conflitti, nei quali gli USA devono affrontare avversità e complicazioni di ogni genere. Altrettanto significativo il complesso richiamo alla Georgia e soprattutto alla serie di interventi nell’America Latina.

Se Obama ricorda che gli Stati Uniti non possono essere i padroni del mondo è però vero che il diffondersi di un terrorismo ad opera di potenze e gruppi di Stati di nuova formazione costituiscono fenomeni che rendono evidente come la rete informatica USA non sia sempre in grado di assicurare a Washington il controllo sistematico della situazione mondiale. Ed è proprio questo il segno di quel declino che l’ambasciatore, grazie alle sue conoscenze dirette dei passaggi cruciali degli eventi ed alla sua personale esperienza, è in grado di raccontare e di spiegare, mentre nuovi incendi divampano, come mostra l’esplosione recente del caso ucraino, con nuove minacce alla pace.

Ecco, se volete capire quel che succede nel mondo un po’ meglio di quanto la stampa riferisce ogni giorno, la lettura di questo informatissimo, preciso e, per certi aspetti, anche caustico testo è in grado di fornirvi notizie di prima mano proprio sugli aspetti più inquietanti della situazione internazionale.