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Hogarth, Reynolds, Turner. Pittura inglese verso la modernità

Una grande mostra della Fondazione Roma Museo a Palazzo Sciarra
giovedì 1 maggio 2014 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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È nel Settecento che la pittura inglese, prima ancorata all’arte europea e italiana in particolare, sviluppa un linguaggio originale, e quindi una sua scuola, grazie ad alcuni artisti che una grande mostra realizzata dalla Fondazione Roma Museo a Palazzo Sciarra, a cura di Carolina Brook e Valter Curzi, ci fa conoscere. Il titolo “Hogarth, Reynolds, Turner. Pittura inglese verso la modernità” cita solo tre nomi eccellenti, ma in mostra sono esposte anche le opere di altri artisti importanti quali Gainsborough, Füssli, Constable e tanti altri, con una selezione di 100 opere provenienti da importanti musei internazionali.

Il Settecento segna per l’Inghilterra una fase di grande espansione coloniale e Londra, in particolare, assume un’importanza mondiale. La mostra si apre, in effetti, con alcune tele che ci mostrano la capitale dell’impero britannico in fermento, una grande metropoli in fase di costruzione, come si vede dai dipinti di Samuel Scott e del nostro Canaletto relativi al ponte di Westminster ancora non ultimato.

Altri dipinti nella sezione “Il mondo nuovo” ci mostrano alcuni paesaggi esotici, forti indiani come quello di Gwalior, come pure l’isola di Tahiti, da poco visitata da James Cook. Con la rivoluzione industriale si assiste a una democratizzazione dell’arte: se prima erano solo i nobili a farsi ritrarre dagli artisti, ora è la ricca borghesia che aspira a elevarsi artisticamente e commissiona opere ai pittori in voga. Né mancano gli attori di teatro, gli sportivi o gli uomini di scienza, come nel dipinto “Filosofo che tiene una dissertazione sul planetario, nel quale una lampada è collocata al posto del sole” (1768), di Joseph Wright, detto Wright of Derby.

Certo William Hogarth (1697-1764), il primo della lista della mostra romana, può considerarsi anche il primo innovatore della ritrattistica inglese con la sua visione disincantata della società dell’epoca, che si trasforma a poco a poco in satira. Nelle scene di riunioni familiari, le cosiddette “conversation pieces”, c’è un sorprendente campionario umano che egli tratta con minuzioso realismo e vivacità, come per esempio nel “Ritratto di gruppo con Lord John Hervey”. La sua vicinanza alla letteratura contemporanea è particolarmente visibile nelle famose serie dei “modern moral subjects” con le quali Hogarth sviluppa un racconto completo volto a illustrare un atteggiamento particolare o le gesta di un personaggio dell’epoca. Di questi soggetti morali è presente in mostra la serie di stampe (su incisioni di Thomas Cook) relative alla serie del “Mariage à la mode”, con spunti anche caricaturali.

Anche se troppo indipendente per avere dei veri e propri allievi, Hogarth segna la via ad altri fortunati pittori dei “conversation pieces”, tra cui Johan Zoffany (1733-1810), del quale ammiriamo in mostra “La famiglia Sharp”, con ben 15 ritratti, e il teatrale “David Garrick e Hannah Pritchard in Macbeth”. L’opera di rinnovamento prosegue con grandi ritrattisti come Joshua Reynolds, Thomas Gainsborough e Allan Ramsay.

Reynolds (1723-1792), anche se fornito di una vasta conoscenza dell’arte italiana, approfondita durante tre anni di soggiorno in Italia (conoscenza che riaffiora spesso nei suoi quadri, insieme ai ricordi di Van Dyck), mostra uno spirito e un linguaggio tipicamente anglosassoni. I suoi ritratti a figura intera, tra cui “Lady Bampfylde”, sono inseriti in un paesaggio campestre e appaiono intensamente espressivi.

Decisamente affascinante è pure Gainsborough (1727-1788) con le sue eleganti figure rese con colori tenui e sfumature perlacee. Il suo interesse per il paesaggio, intimamente legato alla figura umana, precorre quella pittura di paesaggio che avrà un grande interprete in Constable.

Un capitolo a sé merita Heinrich Füssli (1741-1825, nato in Svizzera, ma inglese di adozione) che ci parla di preromanticismo con la sua arte visionaria e allucinata. Opere come “La visione della regina Caterina”, “Titania e Bottom” e “Il risveglio di Titania” ci immettono in un universo incantato e letterario, chiaramente ispirato a Shakespeare, dove l’erotismo e la magia sono di casa.

Le ultime sale della mostra sono dedicate all’acquerello, una tecnica che in Gran Bretagna riscuote enorme successo, quindi alle variazioni sul paesaggio, con diversi oli che ci parlano dell’Italia, che rimane la meta preferita del Grand tour, come per esempio “Il lago d’Agnano con il Vesuvio in lontananza” di Richard Wilson, o “Grotta nel Golfo di Salerno”, di Wright of Derby, fino ad arrivare al confronto diretto tra Constable e Turner nella sezione “Guardare dentro e oltre il paesaggio”.

Per creare i suoi paesaggi John Constable (1776-1837) schizzava vivacissimi bozzetti dal vero, che poi rielaborava in bozzetti di più grande formato fino a giungere all’accuratissima esecuzione finale del dipinto. La sua arte, che in mostra viene accostata alla poesia di William Wordsworth, è caratterizzata da uno studio costante della natura e per questo dipinge più volte lo stesso luogo, come fa con la cattedrale di Salisbury, in orari e stagioni diverse.

Quanto a William Turner (1775-1851), un pittore che ci appare ancora più moderno, è presente in mostra con alcuni dipinti (tra cui “Paesaggio con Ulisse e Polifemo” e “Paesaggio a Nepi con acquedotto e cascata”) che evidenziano il suo interesse per la raffigurazione delle condizioni atmosferiche, pioggia, nebbia, nuvole, con una luce filtrata dal suo particolare lirismo.

Hogarth, Reynolds, Turner. Pittura inglese verso la modernità

Palazzo Sciarra, via Marco Minghetti, 22 (angolo via del Corso), Roma

Dal 15 aprile al 20 luglio 2014

Orari: lunedì 14-20; dal martedì a giovedì e domenica 10-20; venerdì e sabato 10-21

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