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FRIDA KAHLO

La pittrice messicana icona del Novecento alle Scuderie del Quirinale
martedì 1 aprile 2014 di Nica Fiori

Argomenti: Arte, artisti
Argomenti: Mostre, musei, arch.


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I messicani la chiamano semplicemente Frida, come se avessero con lei una frequentazione quotidiana, e le sue opere sono patrimonio nazionale, quindi non esportabili. Negli Usa è prediletta dai divi dello spettacolo, Madonna in primis, e Salma Hayek l’ha portata sullo schermo con sorprendente somiglianza. Parliamo, ovviamente, di Frida Kahlo (Coyoacàn, Città del Messico, 1907-1954), la pittrice più carismatica del Novecento, protagonista di un’imperdibile mostra alle Scuderie del Quirinale dal 20 marzo al 13 luglio 2014.

Curata da Helga Prignitz-Poda, la rassegna presenta oltre 160 opere tra dipinti e disegni che documentano l’intera carriera artistica della pittrice, oltre ad alcuni eccezionali ritratti fotografici, tra cui quello realizzato da Nickolas Muray “Frida sulla panchina bianca, New York 1939”, diventato poi una famosa copertina della rivista Vogue. Un’immagine questa che esalta la sua bellezza, anche se qualcuno potrebbe obiettare che non rientra nei canoni classici di beltà muliebre, per via di un eccesso di peli sopra la bocca e nelle sopracciglia che appaiono congiunte. Sarebbe bastata una pinzetta per renderla più femminile, ma lei amava apparire per quello che era e anzi i suoi autoritratti sembrano proprio esaltare questo aspetto originale del suo volto, che la rende particolarmente magnetica. Non per niente, come scrisse in una lettera al suo “caro dottore” Leo Eloesser: “Bellezza e bruttezza sono un miraggio, perché gli altri finiscono per vedere la nostra interiorità”.

La sua pittura è in gran parte autobiografica, densa del suo vissuto drammatico e allo stesso tempo delle trasformazioni storiche e sociali del suo paese. Lei si sentiva figlia della rivoluzione messicana, tanto da dichiarare di essere nata nel 1910, per accostare il suo nome a quelli di Pancho Villa ed Emiliano Zapata che in quell’anno avevano dato inizio alla rivoluzione. Mentre in Messico ha sempre goduto dell’apprezzamento popolare, a livello internazionale la sua fama era oscurata da quella del marito muralista Diego Rivera, con il quale ebbe un tormentato rapporto e del quale condivise l’impegno politico nel partito comunista, finché negli anni ‘80 del Novecento non è stata riscoperta dalla critica femminista e assurta a oggetto di culto e icona.

E, proprio come un’icona, con un copricapo da Madonna ispanica, ci accoglie un suo autoritratto (Autoritratto come Tehuana, del 1943) nella prima sala espositiva. Ma non lasciamoci ingannare dall’autorappresentazione apparentemente trionfante. Nella sua fronte è raffigurato il marito, dal quale evidentemente subiva una dipendenza fisica e mentale (e infatti “Diego nei miei pensieri” è il sottotitolo dell’opera). A ribadire questo forte legame coniugale c’è un dipinto di Diego Rivera, raffigurante dei cactus che fanno pensare a delle figure umane stilizzate.

Chissà che una pianta spinosa come il cactus non alluda proprio alle sofferenze inferte da Diego alla moglie, fino al punto di arrivare a tradirla perfino con la sorella. Tradimento che portò al divorzio nel 1939, ma poi i due si risposarono. Un celebre autoritratto di Frida, esposto per la prima volta in Italia, è quello “con collana di spine e colibrì”, del 1940, che sicuramente fa riferimento a questa grande ferita spirituale della Kahlo, già sofferente a livello fisico per via di un incidente subito nella giovinezza, che le causò una dolorosa e permanente forma di invalidità.

A questo proposito ricordiamo che è esposto anche il corsetto di gesso, che dovette portare a lungo prima di riprendere a camminare: aveva la schiena spezzata, ma riuscì a risollevarsi, mentre nel corso della sua vita non potè mai portare a termine una gravidanza, per via degli organi genitali compromessi da un corrimano che l’aveva trafitta quando un tram si schiantò contro l’autobus sul quale viaggiava. Aveva solo 17 anni e un boy friend, Alejandro Gomez Arias, pure lui coinvolto nell’incidente ma rimasto illeso, del quale è in mostra un ritratto eseguito da Frida e al quale dedicò lo splendido “Autoritratto con abito di velluto” (1926), di un’eleganza raffinata che ricorda il nostro Bronzino.

Gli autoritratti in mostra sono una quarantina, a volte a figura intera altre volte a mezzo busto, e ce la mostrano spesso in compagnia di animali, tra cui scimmie, pappagalli, gatti e anche un piccolo cane, a volte circondata da fiori, come quelli che soleva portare sui capelli, che erano quasi sempre raccolti, a volte anche in incredibili trecce. Dopo il matrimonio, il suo stile non insensibile al realismo di Rivera ma al tempo stesso visionario, acquista sempre più i colori e gli stilemi derivati dal folclore messicano e inserisce quei simboli che le guadagnarono l’interesse dei surrealisti, tanto che André Breton organizzò una sua mostra a Parigi nel 1939. Ma Frida in un’intervista del 1953 dichiarò: “Pensavano che anch’io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.

In mostra è possibile scoprire l’intreccio con i diversi movimenti artistici del suo tempo, grazie all’accostamento delle sue opere con quelle di altri artisti sia messicani, tra cui David Alfaro Siqueiros, sia europei, come il surrealista inglese Roland Penrose, e gli italiani Gino Severini e Giorgio De Chirico.

Anche nelle più sapienti composizioni della Kahlo prevale sicuramente la narcisistica rappresentazione di sé stessa. Alcuni disegni ci colpiscono per la potente e brutale trasposizione del corpo femminile straziato dall’incidente e dagli aborti: si ha la sensazione che il lutto per ciò che ha perduto non debba mai finire e il suo cuore è sanguinante, ma a un certo punto è come se lei riuscisse a sopravvivere grazie alla consapevolezza dell’amore cosmico. Un dipinto in particolare, “L’Abbraccio amorevole dell’Universo, la Terra (il Messico), Diego, io e il Signor Xolotl” (1949), ci dà da pensare. È una Madre Terra quella raffigurata che tutto dà e tutto prende e gli esseri umani non possono che ritornare con gioia alla loro Madre, accompagnati nel viaggio verso il mondo sotterraneo dal dio azteco Xolotl. “Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più”, scriverà nel suo diario prima di morire.

P.S.

“Frida Kahlo”

Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio, 16, Roma

Catalogo Electa
Orari: da domenica a giovedì dalle 10 alle 20; venerdì e sabato dalle 10 alle 22,30
Per info [www.scuderiequirinale.it-www...]


 

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