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Rubrica: CULTURA


LEZIONI DI FRANCESE: BALZAC E BAUDELAIRE

Un’analisi comparata dei due grandi scrittori
martedì 1 aprile 2014 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Letteratura e filosofia


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Da qualche anno ho ripreso le mie conversazioni in francese ed ho conosciuto così Anita, brava insegnante, parigina doc, nonché donna colta e sensibile che mi guida nei meandri della “culture et civilization française”. Recentemente abbiamo discusso a lungo di due grandi scrittori: Honoré de Balzac e Charles Baudelaire.

L’occasione per un’analisi comparata è stata offerta da tre significative coincidenze: la lettura del testo “Séraphîta” (regalatomi da Margaret, una mia amica inglese), la presentazione del libro “Memorie di un fedele servitore (Edizione Portaparole) di Rosa Romano Toscani all’Istituto Grenoble di Napoli, lo spettacolo teatrale “ Il Compleanno di Baudelaire”, rappresentato al Teatro San Ferdinando.

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Nel leggere “SéraphÎta”, mi son chiesta come mai Balzac, esponente del realismo francese, autore della “Comedie Humaine”, imponente affresco della società dell’epoca, avesse scritto un libro sull’ermafrodito Séraphîtus/Séraphîta, un essere angelico, giunto alla sua ultima reincarnazione, di cui s’innamorano Wilfrid e Minna, in un surreale paesaggio nordico norvegese nei pressi del fiordo di Stramfjord: un testo esoterico sull’amore, pieno di immagini simboliche ed allegoriche, più rivolto al mondo invisibile che visibile. Lo stesso Balzac lo definì come “la più efficace confutazione al diffuso errore interpretativo” delle sue opere, ritenute in genere più centrate sulla natura mortale dell’uomo che su quella spirituale. Ne parlai con Anita ed ella asserì che Balzac in effetti si era avvicinato alle teorie mistico-filosofiche di Emanuel Swedenborg e che comunque nei suoi romanzi non mancano riflessioni sulla dimensione spirituale dell’uomo, anche se egli sembra principalmente interessato a descrivere le bassezze di una società avida, ipocrita e corrotta che antepone il possesso del denaro a ideali e sentimenti sinceri.

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Rosa Romano Toscani

Avevo da poco terminato la lettura di “SéraphÎta”, quando fui invitata al Grenoble alla presentazione del libro di Rosa Toscani, psicologa e scrittrice, nonché presidente della “Società Italiana degli Amici di Honoré de Balzac”. Ho acquistato il libro (pubblicato sia in italiano che in francese), l’ho letto e l’ho regalato anche ad Anita. Discutendone, abbiamo riconosciuto l’abilità dell’autrice nell’ intrecciare fatti reali e inventati, immaginando che sia un fedele servitore a narrare le vicende quotidiane vissute accanto a Balzac. In tal modo il lettore riesce a penetrare nell’ intimità dell’ uomo e dello scrittore, scoprendone vizi, virtù e scottanti segreti: donnaiolo (in realtà molto legato a Evelyne Hanska, una contessa polacca da lui sposata poco prima di morire), gran bevitore di caffè, stakanovista attaccato alla sua scrivania (costretto a scrivere continuamente per pagare i suoi debiti), quasi maniacale nella descrizione dettagliata di luoghi, fatti e personaggi, Balzac balza fuori dalle pagine del testo come un personaggio non stereotipato, ma molto “vivo”.

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Balzac

Sintetizzando in breve la sua biografia, ricordiamo che nacque a Tour nel 1779, studiò legge, ma ben presto si dedicò alla scrittura e nel 1842 decise di organizzare i suoi numerosi scritti nella monumentale “Comédie Humaine”, ponendo alla base gli “Studi di costume del XIX secolo”, divisi in scene della vita privata”, della vita di provincia, della vita parigina, della politica, della vita di campagna e in studi filosofici e analitici.

F. Engels in una lettera a Margaret Harkness definì la Comédie Humaine come “una prodigiosa storia realistica della società francese che descrive in guisa di cronaca, quasi anno per anno, dal 1816 al 1848, la progressiva irruzione della nascente borghesia nella società nobiliare” e pertanto affermò di aver imparato di più dai dettagli economici forniti dal “reazionario Balzac” che da tutti gli storici, economisti e studiosi di statistica di quel periodo.

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E fu proprio Charles Baudelaire a riscontrare nella prosa di Balzac una sorta di “réalisme visionnaire” forse perché lo slancio stesso della scrittura finisce per superare la realtà per la ricchezza di termini e frasi di rara bellezza e la creazione di personaggi ormai leggendari, come Goriot, Chabert, Eugenie e tanti altri (rappresentati poi anche in numerosi film).

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Baudelaire

Balzac incontrò Baudelaire a Parigi, città allora ricca di fermenti culturali e circoli letterari in cui Baudelaire era considerato un bohémien, una specie di poeta maledetto, poco amato dai suoi contemporanei a differenza di Balzac che aveva già molti lettori sui feuilleton, cioè sui fogli dei giornali dove i romanzi venivano pubblicati a puntate per creare fidelizzazione. Senz’altro molto diversi tra loro, eppure parimente grandi e uniti nella critica alla società borghese, entrambi poliedrici (scrittori, critici d’arte, giornalisti, saggisti) e in seguito ritenuti importanti esponenti di movimenti letterari, come realismo (Balzac), simbolismo, parnassianesimo e inizio decadentismo (Baudelaire),entrambi ora considerati classici della letteratura mondiale: Balzac, d’aspetto rozzo con la faccia da popolano, attento e realistico osservatore dei suoi contemporanei anche se non privo di una sua dimensione spirituale, Baudelaire (nato a Parigi nel 1821) più fine, col volto emaciato, triste, tormentato, sospeso tra “spleen et ideal”, cioè tra il mal di vivere in una difficile, squallida realtà terrena e la ricerca di un ideale di pura Bellezza.

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“Il Compleanno di Baudelaire”
In scena al Teatro San Ferdinando (14- 16 febbraio 2014)

Così in effetti Baudelaire mi è apparso sempre attraverso le sue poesie e poi improvvisamente si è quasi “materializzato” sotto miei occhi nello spettacolo “Il Compleanno di Baudelaire”(tratto dal testo omonimo di L. Cedrola, diretto da B. Garofalo, interpretato da G. Zeno), in cui il racconto inizia il 31 agosto 1867 a Parigi, quando Charles Baudelaire giace in un letto della clinica del Dott. Duval e là riceve la visita di Auguste Poulet Malassis, editore della sua opera “Les Fleurs du Mal”. Il poeta, ormai in fin di vita (all’età di 46 anni), in lunghi, appassionati monologhi rivive le tormentate tappe della sua vita con Auguste che lo ascolta addolorato e rassegnato, interrompendolo solo di tanto in tanto: la morte del padre, il difficile rapporto con la madre Caroline e il suo rigido patrigno, il generale Aupick, l’irrefrenabile passione per Jeanne Duval (un’affascinante mulatta con la quale condivise eccessi, droghe di vario genere e malattie veneree), i tentativi di suicidio, il veto di pubblicazione alle sue opere considerate immorali da una società a lui ostile, una società borghese più impegnata nella corsa al denaro e al commercio che nella difesa della cultura.

Ascoltando il racconto delle drammatiche vicende della sua vita mi son venuti in mente i versi “Ses ailes de géant l’empêchent de marcher” (le sue ali di gigante gli impediscono di camminare), tratti dalla sua poesia “Albatros” in cui il poeta è paragonato ad un grande albatro che appare meraviglioso solo in volo, ma goffo e brutto, schernito dai marinai, se imprigionato sulla terra. Ecco i versi:

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Jeanne Duval

Souvent, pour s’amuser, les hommes d’équipage
Prennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.

À peine les ont-ils déposés sur les planches,
Que ces rois de l’azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d’eux.

Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!
Lui, naguère si beau, qu’il est comique et laid!
L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!

Le Poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher.

Così ci appare Baudelaire, intrappolato nel fango terreno e incompreso dai contemporanei, eppure capace di librarsi in alto e trasformare i terreni “fiori del male” in immortali poesie.

Con i suoi versi concludiamo qui il discorso su Baudelaire e Balzac, senz’altro due grandi personaggi che ci hanno regalato opere di grande qualità e bellezza.

 



  • LEZIONI DI FRANCESE: BALZAC E BAUDELAIRE
    4 aprile 2014, di GiovannaDA

    La mia cara amica Vittoria Colonnese Benni mi ha inviato il seguente commento, pregandomi di inviarlo a Scena Illustrata: “Gianna cara, davvero affascinante questo tuo articolo di letteratura francese comparata, e tu non smetti mai di sorprendermi con il tuo straordinario flair di passare da un tema all’altro con la più grande naturalezza e abilità. Mi hai riportato agli anni universitari e al mio particolare interesse per Papà Goriot e non solo, ma anche alle centinaia di "albatros" che inseguivano la nostra nave Vulcania, soprattutto dopo il passaggio nello Stretto di Gibilterra nel 1957.Passa pure questo mio commento a Scena Illustrata che tu mi hai fatto scoprire e a cui aggiungi la tua preziosa collaborazione. Un abbraccio. Vittoria