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Locandina della mostra

Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto

Un’affascinante mostra archeologica al Chiostro del Bramante
martedì 15 ottobre 2013 di Nica Fiori

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Cleopatra VII, l’ultima regina dell’Egitto tolemaico, è forse il personaggio femminile più importante del suo tempo e la sua tragica morte (30 a.C.), ovvero il suicidio per avvelenamento (probabilmente con un mix di cicuta, aconito e oppio, e non per il morso di un aspide egiziano, come vorrebbe la tradizione) in seguito alla sconfitta della sua flotta ad Azio, segna la trasformazione della Valle del Nilo in provincia romana e al tempo stesso il passaggio per Roma dalla Repubblica all’Impero, con il suo acerrimo nemico Ottaviano, che diventa imperatore e in seguito assume il nome di Augusto.

Il progetto politico della breve vita di Cleopatra (era nata ad Alessandria nel 69 a.C.) era stato quello di restaurare la potenza dell’Egitto, che cominciava a subire il dominio di Roma, anche servendosi del suo fascino femminile, tanto da ammaliare prima Giulio Cesare, dal quale ebbe il figlio Cesarione, e in seguito Marco Antonio, dal quale ebbe due figli e una figlia.

Tutti gli autori antichi sono concordi nel riconoscere alla regina una grande capacità di seduzione, anche se di lei non sono pervenute statue a figura intera che possano realmente mostrare la sua presunta bellezza, ma solo alcune probabili teste. Così come non è facile ricostruire il vero volto di Cleopatra, altrettanto difficile è capire la sua personalità, a causa della disinformazione e distorsione della verità a seguito della damnatio memoriae operata dai suoi detrattori.

La mostra “Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto”, ospitata nel Chiostro del Bramante dal 12 ottobre 2013 al 2 febbraio 2014, illustra un periodo storico complesso con un allestimento coinvolgente di reperti straordinari (180 opere provenienti da importanti musei e collezioni private), e con la visione di Valerio Massimo Manfredi che racconta al visitatore la vita di Cleopatra, servendosi anche delle parole degli storici Cassio Dione e Plutarco, e la ventata culturale che investe il mondo romano a seguito del suo incontro-scontro con l’Egitto ellenistico.

I reperti archeologici relativi alla sua figura sono stati selezionati per ricostruire l’immagine di una Cleopatra storica, abbastanza lontana dagli stereotipi del grande schermo: pensiamo soprattutto a una Liz Taylor dall’aspetto faraonico e dal profilo ben diverso da quello leggermente aquilino che invece doveva avere, a giudicare dai conii monetari.

La prima opera esposta è una raffinatissima “Testa di Iside o regina tolemaica” in marmo pentelico, rinvenuta a Roma sulla via Labicana e conservata nella Centrale Montemartini, che, secondo il curatore della mostra Giovanni Gentili, potrebbe essere un ritratto della sovrana (vista nella sua reincarnazione di Iside), risalente al periodo in cui la sovrana si stabilì a Roma, presso gli Horti di Cesare, tra il 46 e il 44 a.C.

La testa, priva di naso, potrebbe essere equiparata alla cosiddetta Cleopatra Nahman (esposta in Italia per la prima volta) e alla testa dei Musei Vaticani, ritrovata nella Villa dei Quintili e riconosciuta come ritratto di Cleopatra nel 1933. Ma in mostra sono presenti anche una testa di Ottavia (la prima moglie di Marco Antonio), rilavorata come Cleopatra, e alcune monete che la raffigurano.

Ovviamente sono presenti i ritratti degli altri celebri personaggi dell’epoca, come Cesare, Pompeo, M. Antonio, Augusto, Cesarione e i sovrani Tolomei, nonché alcuni imperatori romani ritratti come faraoni. Un portalampada in bronzo ci mostra Alessandro Helios (figlio di Cleopatra e M. Antonio), mentre Alessandro Magno, l’iniziatore del regno alessandrino, è mostrato nel celebre ritratto Guimet, prestato dal Louvre, e nel bronzo dorato del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.

Una sezione illustra la terra del Nilo, con spettacolari affreschi da Pompei con scene nilotiche con pigmei, coccodrilli, ippopotami, pesci, anatre e ibis, nonché l’affresco raffigurante “Io a Canopo”, una soglia musiva proveniente da Priverno, statue e statuine di animali egiziani, e il curioso “Acrobata su coccodrillo”, dal British Museum di Londra. Altre sezioni approfondiscono i culti dell’Egitto tolemaico, le arti, l’egittomania e i nuovi culti a Roma.

Ricordiamo a questo proposito che i sovrani Tolomei avevano fatto conoscere al mondo ellenistico le leggende e i miti egizi e introdotto il culto del nuovo dio Serapide (associazione di Osiride con Api), che tanto successo avrebbe avuto nel mondo greco-romano insieme a quello della dea Iside, il cui culto fu fiorente a Roma per un periodo di circa cinquecento anni. La loro capitale Alessandria era la città più ricca e raffinata del Mediterraneo e incantò naturalmente i Romani con le sue splendide architetture, le sue biblioteche, il fascino dell’esotico.

Nonostante gli strali lanciati dai letterati più tradizionalisti che tuonavano contro la corruzione dei costumi che veniva dall’Oriente, l’arte e il gusto egizio ebbero una larga presa su Roma, paragonabile forse soltanto con la moda dell’égyptiennerie che dominò la Francia dopo la spedizione napoleonica sulle rive del Nilo.

Non solo la conquista romana diede il via all’importazione di antichità, per lo più sculture e monoliti, che furono utilizzati come monumenti pubblici o andarono ad arricchire i templi delle divinità egizie, costruiti ad immagine di quelli tolemaici, ma nuove forme architettoniche si diffusero nell’Urbe, come il sepolcro a piramide di Caio Cestio, mentre nella pittura alcuni modi espressivi, soprattutto dell’epoca di Nerone, hanno fatto parlare di stile egittizzante.

Non dimentichiamo inoltre l’importazione di pietre ancora grezze, che era regolata direttamente dall’amministrazione imperiale. L’imperatore romano, quale successore dei Faraoni, era padrone assoluto delle ricchezze minerarie del paese. I porfidi e i graniti più rari affluirono quindi a Roma, per l’esclusivo ornamento dei grandi edifici pubblici e delle dimore imperiali.

Il fascino delle cose egizie era strettamente legato soprattutto al culto di Iside e Serapide, ma anche altre divinità sono attestate negli isei, dove sono state rinvenute statue tra cui Bes, dio dalle fattezze un po’ mostruose, Anubi, dio dalla testa di sciacallo che accompagnava i defunti agli inferi, Thot, visto sia come babbuino sia come ibis, e Arpocrate (figlio di Iside e corrispondente all’Horus di età faraonica). Quest’ultimo, in mostra, è raffigurato in due piccole stele nella sua funzione magica di guaritore contro il morso di serpenti e scorpioni.

P.S.

“Cleopatra”, Chiostro del Bramante. Via della Pace, Roma
Orari: dal lunedì al venerdì: dalle 10 alle 20; sabato e domenica: dalle 10 alle 21
Catalogo Skira
Per info: www.mostracleopatra.it