Il problema della vecchiaia è abbordabile in due modi: profano ed esoterico.
Qualche elemento dell’approccio profano: l’atteggiamento del profano consapevole, impegnato, nei confronti della vecchiaia si frantuma in tre atteggiamenti caratteristici di fondo, più o meno evidenziati o rafforzati. Si può assumere stabilmente uno di questi atteggiamenti oppure, nel tempo, trasformarlo negli altri.
1° - Colui che si colloca nella iuventocrazia pensando che “giovane è bello”, “è tutto”, “il mondo è dei giovani”, e appare avvilente un’età più avanzata. Il giovane è al centro della società. Bene che vada, il vecchio riceve pietà da quelli che si trovano in questa fase, che può assumere varie forme e gradazioni (in Cina il vecchio viene mantenuto dallo Stato, che gli programma il luogo e il tempo).
2° - Colui che si trova a vivere in una situazione di “mistica della mezza età”. Forma di adultocrazia: il mondo è della persona efficiente, senza grilli per il capo come nei giovani e non è ancora istupidito come il vecchio. Primato dell’efficienza e della responsabilizzazione. Il mondo è di chi vuole, di chi se lo prende, di chi ha coraggio. Chi si trova a vivere questa fase non ha disprezzo per il vecchio ma una forma di rispetto, si assume l’ònere di assisterlo, di pagare le tasse a suo beneficio.
3° - Mistica della vecchiaia. Si auspica che il potere stia in mano ai vecchi, che il capitale, piccolo o grande, sia in mano ai vecchi, così gli alti gradi della Magistratura etc. E’ una società che ruota intorno ai vecchi (la società statunitense sta diventando sempre più gerontocentrica). In questo caso l’adulto risulta uno strumento, il giovane una seccatura “eliminabile”. In pratica si constata che l’individuo vive sotto una spinta che non conosce, una spinta che al limite potrebbe essere anche semplicemente biochimica: a 20 si pensa in un modo, che muta a 40, che muta a 60...
La dottrina esoterica dà della vecchiaia una valutazione strana, affascinante da una parte, apparentemente contraddittoria dall’altra: vecchio che non è vecchio. Dice che si è vecchi quando si vuole, oppure non si diventa mai vecchi (che è la peggiore delle disgrazie). Dovremmo gestire la nostra vita in modo da scavalcare il problema: vivere la nostra vita preparandoci all’evoluzione della vita stessa. Solo una sperimentazione di tale mutazione mentre si vive, consente di gestire la propria morte, e soprattutto la situazione post mortem; altrimenti si arriva alla soglia praticamente inesperti. Il problema sarebbe vivere e ogni tanto infilare qualche allenamento alla mutazione di stato. Questa sperimentazione, accumulandosi nel tempo, consente di gestire la morte, di arrivare alla morte con un minimo di esperienza, sia pure indiretta. Ammassando esperienze di vita non si ottiene altro che vedere la morte o come una fregatura o come liberazione o come incubo finale. L’esoterismo propone una serie di tecniche per iniziare lo sperimentatore, riconoscendo allo stesso, alla fine, delle tecniche “personali” (ognuno ha la sua vita come ognuno ha il suo trapasso). I contenuti variano da individuo a individuo. Le tecniche personali vanno integrate, per gradi, alle altre. Come si è diversi in vita, così lo si è dopo morti.