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Particolare della Cripta

Il Museo dei Cappuccini

Inaugurato a Roma in via Veneto il museo comprendente la celebre cripta
giovedì 5 luglio 2012 di Nica Fiori

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Storia, arte, senso del sacro e mistero della morte caratterizzano il Museo dei Cappuccini, che si è inaugurato a Roma presso il Convento dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria in via Veneto: un museo che, secondo Padre Carmine Antonio De Filippis (ordine dei Frati Minori Cappuccini) vuole “presentare cose del passato, ma in funzione esistenziale del presente” e che “ha l’ambizione di provocare domande interiori”, per ottenere forse un’illuminazione, un risveglio spirituale.

Il percorso di visita, ben definito scientificamente, si articola lungo otto sale disposte intorno al chiostro e mette in luce la spiritualità dell’Ordine religioso attraverso opere d’arte di grande pregio, paramenti liturgici, antichi manoscritti e semplici oggetti di uso quotidiano, avvalendosi anche di tecnologie multimediali e interattive. È proprio l’immagine mediatica di un frate a dare il benvenuto ai visitatori, raccontando la storia di tanti cappuccini, da San Felice da Cantalice a San Giuseppe da Leonessa, da San Pio da Pietrelcina al Venerabile padre Mariano televisivo, la cui voce ha tenuto compagnia per anni alle famiglie italiane con il suo “Ascolta si fa sera”, e al quale viene poi dato ampio risalto in una sala.

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Acquerello di A. Pinelli

La prima sezione è dedicata al Convento, che sorge a due passi da palazzo Barberini, perché commissionato dalla principesca famiglia romana (nella figura del cardinale Antonio Marcello, che era cappuccino) nel 1626 e ultimato nel 1631 secondo il progetto dell’architetto Fra Michele da Bergamo. La cultura e la vita quotidiana dei frati, e la santità di alcuni di essi sono ampiamente documentate, oltre che da numerosi oggetti, tra i quali vogliamo ricordare gli orologi per scandire il tempo delle preghiere e i cilici per la penitenza, da alcuni approfondimenti didattici, quali l’iconografia del crocifisso, e del “crocifisso sanguinante” in particolare.

Un’intera sezione è dedicata al “San Francesco” di Caravaggio, una tela realizzata da Michelangelo Merisi appositamente per il convento dei Cappuccini e della quale si conosce una seconda versione a Carpineto. In effetti, come afferma Claudio Strinati nel catalogo (Gangemi editore), “Caravaggio per tutta la vita si interessa alla figura di San Francesco in una serie di opere che segnano la sua intera carriera”. In quest’opera, in particolare, “è raffigurato il momento della compiuta trasfigurazione spirituale del Santo che, prendendo in mano il teschio e inginocchiandosi sulla nuda terra, formula il gesto supremo di deporre il teschio stesso sulla base delle croce rappresentata in scorcio per darle la maggiore evidenza possibile nello spoglio ambiente, quasi una caverna, dove si compie l’evento”.

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Cripta dei Cappuccini

Il sublime gesto meditativo di San Francesco sembra quasi riallacciarsi al luogo che chiude la visita museale: la celebre Cripta o Cimitero dei Cappuccini, un insieme di sei ambienti che adesso, dopo l’importante campagna di restauro che ha preceduto l’apertura del museo, possiamo visitare nel percorso originale. Il cimitero non accoglie tombe importanti, diversamente dalla Cripta dei Cappuccini di Vienna che era riservata alla famiglia imperiale d’Asburgo, ma è stato realizzato con le ossa dei frati morti (e in qualche caso le mummie), qui trasportate dal convento della Santa Croce e di San Bonaventura intorno nel 1631 sotto il pontificato di Urbano VIII Barberini.

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San Felice da Cantalice

Ciò che vediamo, però, è una sistemazione risalente alla seconda metà del Settecento, con decori di gusto rococò, tutti realizzati con elementi ossei, secondo un principio di riciclo dei materiali architettonici, che evidentemente riguardava anche i morti. Il singolare percorso meditativo si snoda lungo una serie di piccole cripte, i cui nomi ricordano le ossa dei decori (dei tre scheletri, delle tibie e dei femori, dei bacini, dei teschi), la Cappella della Messa e la cripta della Resurrezione. Il degrado degli ambienti, la cui cura era un tempo a carico degli stessi Cappuccini, ha reso indispensabile un intervento di manutenzione e risanamento, che non è stato propriamente un restauro per la difficoltà di intervenire su materiali atipici per i restauratori, i quali, tra l’altro, con tanto di tuta, filtri e occhiali, hanno dovuto provvedere allo smaltimento di polveri patogene.

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San Francesco, di Caravaggio.

Il lavoro ha messo insieme, in effetti, lo storico dell’arte con i biologi che hanno fatto i prelievi preliminari sulle mummie esposte e sui loro sai e i medici legali di Tor Vergata. Per quanto riguarda le mummie, si è provveduto al “restauro” dei corpi stanti che si erano completamente incurvati. Le ossa, sia quelle accatastate sia quelle dei decori e dei lampadari, sono state verificate una a una per la tenuta (sono legate con fili di ferro) e trattate con un disinfettante.

Un cimitero-ossario questo che non è certo unico a Roma (si ricordano quello della Confraternita dei Sacconi Rossi all’Isola Tiberina e quello della chiesa dell’Orazione e Morte in via Giulia), ma è sicuramente il più conosciuto e il più bello, anche perché il gusto del macabro è fortemente attenuato dall’illuminazione naturale che entra dalle grandi finestre. Ma, al di là degli impressionanti decori, è l’alto valore simbolico che lo rende eccezionale. Secondo le più antiche tradizioni, è dalla morte che rinasce in germe la nuova vita ed è sempre la morte a rappresentare per i fedeli il contatto diretto con il divino, il passaggio alla vita definitiva.

P.S.

Museo dei Cappuccini, via Vittorio Veneto, 27, Roma Orario: tutti i giorni dalle 9 alle 19


 

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