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Giacomo Del Po - Le decorazioni nei palazzi della nobiltà


giovedì 1 dicembre 2011 di Achille della Ragione

Argomenti: Arte, artisti


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Il suo stile improntato ad un acceso luminismo, più volte sottolineato dal De Dominici, trovò il più ampio sfogo nelle molte decorazioni ad affresco di sale e gallerie di dimore patrizie in cui l’artista fu impegnato a partire dalla fine del Seicento. Egli sulle ampie superfici seppe amalgamare le sue molteplici componenti culturali: il giordanismo, gli influssi della pittura genovese, i richiami all’idillio classicheggiante dei baccanali e delle scene mitologiche, riuscendo a sintetizzarle in un discorso unitario.

Pochi i lavori superstiti, tra cui quello di Palazzo Mattei, del quale ci restano per altro anche i bozzetti preparatori, chiariscono assai bene come nella vocazione decorativa il Del Po abbia finalmente trovato l’essenza genuina della propria personalità.

La Picone, pur apprezzando l’originale cifra stilistica del pittore, riteneva che nelle grandi decorazioni veniva sacrificata la concretezza dei fatti espressivi e la varietà umana delle cose, dietro la ripetizione di formule indovinate, ma irrimediabilmente volte a formulario di maniera.

Giacomo, dopo un lungo percorso alla ricerca di un suo linguaggio pittorico, giunge alla piena maturità con le tele della chiesa di Santa Caterina a Formiello e con gli affreschi del Palazzo Mattei, fondamentali anche perché vedono l’affermazione di un tipo di decorazione profana, stimolata da una più libera fantasia. Un risultato intravisto già nel 1708 nelle tele frementi di luce e di sfrenata immaginazione di Santa Teresa agli Studi, ma soprattutto nelle figure allegoriche (fig. 1) realizzate a monocromo che sottendono agli stessi dipinti “ove teneramente sboccia un senso di grazia profana, di rara squisitezza, incantata solo di se stessa” (Ferrari).

Sugli stessi livelli si manterrà in seguito nei lavori eseguiti nel Belvedere di Vienna e per altri facoltosi committenti austriaci, dal Bruckenthal al principe Eugenio, presso i quali lo aveva introdotto il viceré conte di Harrach.

A Napoli altri affreschi da ricordare, oltre a quelli nell’ingresso del monastero di San Gregorio Armeno, sono quelli notevoli nella sacrestia di San Domenico Maggiore, dove si esaltano le sue qualità di grande illusionista nella decorazione dedicata alla memoria dei componenti della famiglia Milano, soprattutto nei due ovali con i ritratti, che imitano in un’essenza vaporosa e precaria la corporeità della scultura.

Dei tre soffitti del Belvedere, raffiguranti Apoteosi di un eroe, Allegoria della Gloria e il Carro del Sole, curiosamente tace il De Dominici, che pur dedica un lunghissimo capitolo all’artista. Quello con il Carro del Sole è andato distrutto. Restano i bozzetti della Allegoria della Gloria (fig. 2) e de il Carro del Sole (fig. 3) identificati da Aurenhamer e conservati nel Colloredo Mannsfeld Museum ad Opocno nella Repubblica Ceca.

Di molte decorazioni perdute ci restano i bozzetti, che ci permettono di apprezzare l’eleganza della pennellata, fluida ed avvolgente e la cura nella scelta dei colori.

Il Palazzo del duca di Maddaloni era ampiamente affrescato dal Del Po e del ciclo decorativo un’ampia descrizione ci viene fornita dal De Dominici: ”Intrecciando figure colorite a quelle in chiaroscuro dipinse nella volta in un tondo la Gloria, che col suo splendore discaccia l’Invidia, la Fraude, l’Inganno, con la Finzione ed altri vizi… vari puttini colorati intrecciano queste figure in finto stucco, altri scherzano con le tigri ed altri con satiretti; alcuni si abbracciano puerilmente con puttinelle e fra tutte queste figure è un intreccio bellissimo di frutta e fiori con vasi, panni, pelle di animali ed altri simili scherzi che fan vaghezza agli occhi dei riguardanti.

Il bozzetto (fig. 4), già assegnato a Luca Giordano e restituito al Del Po da Rosenberg, è preparatorio per l’affresco distrutto in uno dei Gabinetti circolari del palazzo del duca di Maddaloni, eseguito secondo un documento reso noto dal Rabiner entro il 1710 ed è espressione di un gusto già rococò e di una concezione visiva pienamente profana, indicativa della capacità dell’artista di rendere attuali elementi figurativi di fine Seicento derivati dagli esempi del Preti e del Solimena, dando luogo ad una decorazione ariosa ed iridescente, alla quale guardarono negli anni successivi gran parte degli esponenti della raffinata corrente rococò austriaca e boema.

Il bozzetto raffigurante l’Allegoria del Trionfo delle Virtù (fig. 5), tra i più noti del Del Po e presentato nelle principali mostre, dalla Civiltà del Settecento a Sulle ali dell’aquila imperiale, è preparatorio per gli affreschi nel Palazzo del duca (per De Dominici marchese) Positano, sito nella zona della Pignasecca, in seguito conosciuto come Palazzo Mattei o De Matteis ed oggi Mancini.

Il nobile napoletano fu membro del Consiglio Collaterale e, a partire dal 1715, unico rappresentante della città presso il Consiglio spagnolo a Vienna.

Le decorazioni sono databili al 1705 - 1708 per la presenza di elementi cromatici e luministici derivati dalla lezione del Preti e tradotti in brillanti ed aeree soluzioni decorative di raffinato gusto rocaille.

Il programma iconografico di stampo celebrativo viene accuratamente descritto dal De Dominici e fa riferimento alle funzioni pubbliche del committente, incentrate nella Giustizia e nell’Uguaglianza (sovrastate dalla Fama portatrice di abbondanza) che dominano il mondo: “Intrecciando al solito ornamenti di chiaroscuro, medaglioni e figure, ch’è una meraviglia di chiunque la vede…delinquenti puniti ed altri premiati dal Valore… introducendovi figure bellissime fra tormentati, e fra le altre un prigione, che, seduto sulla cornice della volta, ha i piedi ne’ ceppi, e par che eschi dal congresso delle altre, tanto ella è con forza di colori dipinti”.

Per lo stesso ciclo sono conservati, sempre nel Museo Duca di Martina, un secondo bozzetto (fig. 6), stilisticamente identico e due Allegorie, raffiguranti la Nobiltà (fig. 7) e la Fecondità (fig. 8), mentre ancora oggi si possono ammirare in loco, anche se in precario stato di conservazione, alcuni affreschi: una Virtù alata e due rappresentazioni incentrate sul tema della Giustizia e dell’Equità che governano il mondo.

Meno noti gli affreschi (figg. 9-10) che richiamandosi alla favola di Amore e Psiche, decorano il soffitto di una galleria del Palazzo Casamassima a via Banchi Nuovi e che la Cautela ha recentemente identificato, collegandoli con quelli descritti dal De Dominici. Eseguiti probabilmente dopo il 1715, illustrano un tema iconografico ripreso in una (fig. 11) delle due composizioni su tela che ancora decorano uno dei soffitti del Belvedere a Vienna.

Prima di passare a descrivere i lavori eseguiti in Austria, segnaliamo una serie di bozzetti transitati sul mercato o in collezioni private, senza poterli collegare con certezza con affreschi probabilmente oramai perduti.

Questi modelletti venivano presentati al committente per l’approvazione e servivano anche per il trasferimento dell’idea sulla superficie decorata, in particolare quando si trattava di cicli di particolare impegno.

Partiamo da un’Allegoria della Carità tristemente dimenticata nei depositi del museo di Capodimonte ed da tre Trionfi: della Fede, esitato a New York da Christie’s, della Fama, in collezione Costa a Genova e della Virtù contro i vizi già a Londra presso la Hazlitt Gallery.

Di elevata qualità vi è poi un’Allegoria della Fede (fig. 12) conservata a Lecce in collezione privata ed una coppia di Allegoria della Virtù, già presso Sestieri a Roma, per la prima delle quali esiste una replica autografa (fig. 13) nel Museo Correale di Sorrento, che venne presentata da Causa nella mostra di bozzetti tenutasi a Napoli nel 1947.

La fama di Giacomo varca i confini e straripa in Austria, dove secondo il De Dominici affresca le volte di alcuni ambienti del palazzo viennese del conte Daun, viceré di Napoli dal 1713 al 1719, grazie probabilmente all’interessamento del conte Harrach, luogotenente austriaco a Napoli. Egli inoltre eseguirà, entro il 1723, tre grandi tele con decorazioni allegoriche nei soffitti del Belvedere superiore di Vienna ed un affresco con il Trionfo della Chiesa sul peccato (firmato) conservato nella Galleria di Bruckental ad Hermannstadt.

Le tre grandi composizioni sono un’Allegoria della Gloria (fig. 14), un’Allegoria della Virtù ed un Apollo sul carro del Sole, andata distrutta durante l’ultima guerra, per la quale si conserva un bozzetto in una raccolta privata napoletana.

Fortunatamente ad Opocno, nella collezione Colloredo Mansfield, si conservano i bozzetti per la prima tela (fig. 15), della quale esistono anche 2 disegni preparatori, uno al Louvre e l’altro, reso noto da Sestieri, transitato anni fa sul mercato e di Apollo sul carro del Sole (fig. 16). A Salisburgo, nella Residenzgalerie vi è invece uno studio (fig. 17) per la parte superiore del soffitto.

Nonostante l’importanza di questo ciclo decorativo il De Dominici non ne fa cenno alcuno, forse perché si confonde con i lavori per il conte Daun, dei quali nulla ci è rimasto.