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Le collezioni del Louvre a Cortona - Gli Etruschi dall’Arno al Tevere


domenica 6 marzo 2011 di Nica Fiori

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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È già da qualche anno che Cortona, città d’arte di origine etrusca in provincia d’Arezzo, viene messa in rapporto con i più grandi e prestigiosi musei d’Europa. Ciò è possibile in quanto la città toscana vanta una tradizione collezionistica e scientifica di altissimo livello, grazie all’Accademia Etrusca (istituita nel ‘700) e al suo straordinario museo MAEC (Museo dell’Accademia etrusca e della città di Cortona). Quest’anno viene ospitata dal 5 marzo al 3 luglio la mostra “Le collezioni del Louvre a Cortona. Gli Etruschi dall’Arno al Tevere”, un evento culturale che si propone di dare importanti e coerenti informazioni sull’Etruria interna, quella compresa tra i suoi due fiumi Arno e Tevere, grazie alle testimonianze di 40 opere provenienti dalle collezioni reali-imperiali parigine, che vengono ora avvicinate ai loro relativi siti.

Come sottolinea Laurent Haumesser del Louvre, la scelta è stata quella di fare un’illustrazione dei diversi centri, come Chiusi, Orvieto, Fiesole, Bolsena, Perugia, Falerii, così da avere un’idea molto più precisa della formazione delle collezioni e del contesto di provenienza. Accanto alle opere, vengono esposti i disegni eseguiti all’epoca dell’acquisizione dei pezzi, che in qualche caso appaiono diversi rispetto all’originale, perché nel frattempo ci si è resi conto che erano stati falsati all’epoca del ritrovamento con l’aggiunta di altre parti eseguite nell’Ottocento. È questo il caso del monumento funebre in pietra fetida da Chiusi (fine V – inizio IV secolo A.C.), con il defunto semidisteso su una kline (il letto del banchetto) e un demone femminile seduto ai suoi piedi, privati nel restauro degli anni ‘970 delle “false” teste e di altre figure di contorno non originali.

La mostra è anche l’occasione per il Louvre di presentare opere poco note, ma di grande fascino, esposte per la prima volta in Italia e in particolare il grande busto in terracotta di Arianna da Falerii, che è stato di recente “riscoperto” e costituisce il capolavoro-simbolo dell’esposizione. Risalente al III secolo a.C., doveva appartenere a una statua monumentale di culto, accostata probabilmente a quella del suo sposo Dioniso. Rappresenta una giovane donna ornata di gioielli e pampini d’uva sui capelli, raffigurata nell’atto di togliersi il velo dal capo, gesto simbolico di un matrimonio sacro. Sembra incredibile che una scultura di grande qualità come questa fosse conservata fino a qualche anno fa nei magazzini del Louvre, priva ancora d’identità. Eppure era arrivata a Parigi nel 1841 con la celebre collezione Campana. L’unica spiegazione plausibile è che all’epoca si aveva un’altra immagine dell’arte etrusca (pensiamo al più arcaico sarcofago degli sposi) e questa statua sembrava invece una creazione di arte ellenistica.

Appartenenti pure alla collezione Campana erano i due grifoni in bronzo dal becco aperto (forse di area chiusina), gli orecchini in oro con pendenti ornati da motivi raffiguranti il carro del Sole e la Vittoria e la collana con pendente raffigurante una testa di Acheloo, dio delle acque e padre delle ninfe, proveniente da Chiusi. Ricordiamo che la straordinaria raccolta del marchese Giovanni Pietro Campana, direttore del Monte di Pietà a Roma, fu messa in vendita dopo il suo tracollo finanziario e acquistata nel 1861 in parte dall’Inghilterra, in parte dallo zar Alessandro II e in gran parte da Napoleone III. Altre celebri collezioni che sono in parte confluite nel Louvre sono quella di Edme-Antoine Durand, che al momento della sua morte nel 1835 si trovava a Firenze proprio per acquistare pezzi antichi e quella dell’orafo e antiquario Alessandro Castellani. Sua era la bellissima pisside in avorio da Chiusi, con raffinatissime decorazioni di animali reali e fantastici e motivi vegetali.

Oltre a straordinari esempi di oreficeria etrusca, provengono da Chiusi un eccezionale vaso canopo antropomorfo, databile alla II metà del VI secolo a.C. e una bella urna cineraria in terracotta. Tra le altre opere in mostra, citiamo ancora la Testa da Fiesole, un bronzo del III secolo, acquistato dal Louvre nel 1864, parte di una statua onoraria di un giovane aristocratico etrusco e quattro importantissimi bronzi del Falterona: statuette appartenenti a un consistente deposito votivo rinvenuto nel 1838 e oggi diviso tra vari musei europei. Una statuetta di Menerva pure in bronzo proviene dalle vicinanze di Perugia, come pure un’oinochoe a figure nere, già appartenente alla collezione Durand, mentre da Bomarzo provengono le lamine bronzee decorate a sbalzo e il pregevole vaso falisco a figure rosse con decorazione sia plastica che pittorica. Pure falisca è l’oinochoe vagamente antropomorfa con decorazioni a incavo e dai curiosi piedi umani (VI secolo a.C.).

Un vaso bronzeo conformato a testa femminile, databile tra la fine del III e l’inizio del II secolo a.C., ci colpisce per l’iscrizione Suthina incisa sulla fronte (si legge da destra a sinistra e indica l’appartenenza a una sepoltura). Probabilmente è stato prodotto a Orvieto e serviva come unguentario. Della stessa area orvietana è la bellissima anfora a volute di ceramica argentata con altorilievo centrale raffigurante scene di combattimento. Ascrivibile agli inizi del III secolo a.C., aveva una tecnica di lavorazione molto particolare, in quanto con la sua policromia (argentatura e doratura) doveva imitare i vasi metallici.

Sede: Palazzo Casali, piazza Signorelli, CortonaOrario: aperto tutti i giorni dalle 10 alle 19

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