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L’ultima battaglia del capitano.

Talvolta la soluzione del problema ce l’hai davanti al naso e non la vedi.
martedì 1 febbraio 2011 di Michele Penza

Argomenti: Ricordi
Argomenti: Racconti, Romanzi


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Forse a tempo suo sarà stato capitano per davvero, non lo so. L’aspetto marziale ce l’aveva e il piglio, distaccato ma autoritario, supportato dal portamento eretto e da un bel paio di baffoni cacio e pepe giustificavano ampiamente il soprannome che da tempo immemorabile si portava addosso. Quando lo conobbi il signor Birri faceva il capo laboratorio, ossia era responsabile di un reparto di lavorazione nella Manifattura Tabacchi di Roma, che allora era situata a Trastevere, nel quale prestavano la loro opera oltre a taluni meccanici, addetti alla conduzione delle macchine ed alla loro manutenzione, anche un centinaio di donne.

Occorre sapere a questo punto che le donne erano per il capitano più che un hobby, più che una passione: erano una filosofia e una ragione di vita. Non s’intenda però che per una donna egli sarebbe stato capace di rovinarsi, di far debiti, di sfasciare la famiglia. Queste fesserie le fanno gli ominicchi e noi stiamo parlando del capitano, di un uomo con la testa sulle spalle, mica del giovane Werther e neppure di un imbecille qualsiasi! Persona più che seria e rispettabile lui era semplicemente uno che amava le donne, tutte le donne, ciascuna nella sua specificità e nella sua diversità, in un anelito cosmico rivolto a tutto l’universo femminile che il Creatore nella sua divina sapienza ha generato perché maschi del suo calibro possano realizzare appieno le loro potenzialità.

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La manifattura tabacchi a Roma in Piazza Mastai

Sta scritto pure nella Bibbia se la sai leggere fra le righe, come si dovrebbe! Ma come! Il Signore ha voluto farti la sua Befana più grande, ha creato un nuovo essere vivente apposta per te, e tu una simile attenzione non la dovresti ricambiare con raddoppiato fervore? Saresti veramente un ingrato! Era questo all’incirca il Birri-pensiero, come un giorno si compiacque di parteciparmi.

Diciamo che le donne di allora (parlo degli anni ’50) erano fondamentalmente più o meno come quelle di adesso. Ce n’erano di brutte, tante quante ne vuoi, di belle un po’ di meno. Poi ce ne erano di fresche, di stagionate e di sempreverdi, di allegre o di noiose, di disponibili e no, ed anche tra queste ultime due categorie si poteva distinguere tra quelle che lo sono per tutti, per pochi, solo per qualcuno, per nessuno (o almeno così dicono), che lo sarebbero sempre, per qualche volta, se e quando gli gira, mai, e via discorrendo in una gamma infinita di possibilità, un campionario di cento fiori che solo pochi botanici altamente specializzati sono in grado di catalogare tutti, e Birri tale era sicuramente.

Non è mica facile districarsi tra tanti gruppi e sottogruppi e i superficiali, i maldestri, prendono spesso delle cantonate. Quando si verificava un qui pro quo nella Manifattura poteva finire a cazzotti col marito in mezzo alla piazza Mastai, che ben si presta a fungere da arena, ma a un vecchio leone come il capitano non accadde mai di doversi andare a sciacquare il viso alla fontana dopo uno di quei chiarimenti. Con l’occhio esercitato da autentico re della foresta scrutava il branco, adocchiava la preda e colpiva. Non aggrediva d’impeto la femmina più vistosa ma sceglieva oculatamente la pietanza del giorno, sempre tenendosi sul sicuro con una capacità ineguagliabile di interpretare nel codice di comportamento femminile quei segni di scodinzolamento che gli altri galli non erano in grado di percepire. Sbaragliata in breve la concorrenza egli regnava, sultano indiscusso, da molti anni e non doveva chiedere mai. Ordinava.

Ma non si pensi a stalking, a mobbing o ad altre parolacce del genere, per carità, questa è roba dei giorni nostri, trucidi e volgari. Nessun monarca assoluto risulta abbia goduto mai di un favore popolare altrettanto spontaneo e universale. Il suo dominio era monopolistico ma accettato, e perfino i superiori guardavano a lui con favore e simpatia. A chi gliene parlava il direttore dell’opificio, vecchio ingegnere di grande esperienza umana, soleva rispondere: E che gli vuoi dire? Il suo reparto fila come un orologio. Magari tutti così! Per il resto, fatti suoi. Per me, tanto di cappello.

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Lavoro nella Manifattura Tabacchi

Sul tanto di cappello mi trovavo perfettamente d’accordo, sul magari tutti così un po’ meno. Sono fautore della innovazione moderata. Già mi veniva un tantino da ridere al pensiero di una fabbrica di stato destinata al ruolo di Top Kapi, la residenza delle favorite del sultano a Istanbul. Auspicare poi la mutazione in struttura comunitaria e federativa di una realtà che era sorta e si era naturalmente configurata come califfato, con buona pace dei patiti della libera concorrenza mi sembrava una vera e propria forzatura se non una contraddizione in termini.

Ricordo che in quel periodo furono introdotte in tutti gli uffici pubblici numerose vedove di guerra, assunte in forza di una legge speciale. A loro il capitano si dedicò senza riserve riversando a pioggia sulle poverine tutta la comprensione del buon commilitone e ponendo a disposizione il meglio di sé, da gentiluomo antico votato per legge di cavalleria alla causa della vedova e dell’orfano. In lui veramente si manifestò una marcata propensione per quella della vedova.Non poche di quelle sventurate trassero conforto dalle sue premure, vuoi perché la loro condizione di vedovanza attenuava le resistenze naturali ai suoi assalti, vuoi forse nella speranza di rinnovare fremiti e sensazioni ormai dimenticate. Sono buon testimone che il nostro eroe non si risparmiò affinché nelle sue beneficate non venisse meno il rimpianto, se non del marito, del maritaggio.

A merito del capitano va riferito che mai dalla sua bocca uscì un motto, una confidenza agli amici, una indiscrezione minima tale da arrecare il benché minimo nocumento alla buona reputazione delle signore. Si palesò uomo tutto d’un pezzo, dai baffi alla braghetta dei pantaloni. Specularmente dal suo branco mai si levò un belato di gelosia, un pettegolezzo, un cedimento a insinuazioni o a domande curiose e malevoli. Erano patetiche e facevano tenerezza quando negavano fin l’evidenza, simili ad adepte di una loggia massonica ufficialmente coperta, ma con gli elenchi degli iscritti negli armadi della questura. Tutte le sue gallinelle, sia quelle che svicolavano col becco a terra per non farsi notare che quelle altre che sventolavano orgogliosamente le piume della coda ritenendosi predilette dal gallo, seppero rispettare ugualmente la consegna del silenzio.

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Impiegate alla manifattura tabacchi

Lo si sarebbe detto dunque un essere realizzato e felice ma, ahimè, si vede che è nella sua natura medesima che l’uomo incontra la sua implacabile nemica, l’insoddisfazione, e deve essere vero che la sazietà genera nausea. Sul finire della sua carriera di funzionario-stallone il capitano si era stancato della vita di fabbrica, e possiamo capirlo. Di fianco all’opificio si ergeva la sede della direzione generale dell’Azienda che ai suoi addetti appariva come un mitico Eldorado, un vero Eden a loro precluso, asilo di privilegiati per via di controlli meno rigorosi, di una disciplina più blanda, di un orario di lavoro e di un ambiente molto più favorevoli di quelli a loro destinati.

Il grande desiderio fino allora inappagato del capitano divenne quello di concludere il suo servizio di funzionario in un ufficio, da vero colletto bianco. La prospettiva di scuotersi di dosso la polvere e l’odore del tabacco gli appariva come la massima gratificazione, una redenzione finale peraltro ampiamente meritata. Varie volte provò a chiedere il trasferimento umiliandosi persino, lui pur così schivo e dignitoso, a chiedere a qualcuno dei superiori di intercedere per lui, ma invano. Gli rispondevano sempre che era insostituibile, il che in un certo senso era pure vero perché un altro come lui non si sarebbe trovato da nessuna parte.

Alla fine quando ormai ne aveva perso la speranza e sul punto di piombare in una cupa depressione la situazione si sbloccò inaspettatamente da sola, e direi miracolosamente se l’espressione considerate le circostanze non risultasse impropria, se non blasfema. No, i. miracoli sono altra cosa, meglio forse definirla una promozione sul campo.

Accadde che dalla porta chiusa del suo ufficio qualcuno udì trapelare gemiti e lamenti. Il predetto qualcuno esternò i suoi timori a qualcun altro e insieme, temendo un malore, fecero irruzione nella stanza seguiti dal solito codazzo di gente che non sa mai farsi i fatti suoi. Il capitano si ergeva al suo posto, rigido e impettito come un senatore romano sul suo scanno. Innanzi a lui, seduta in terra sotto il tavolo, operava una prosperosa operaia. Ovviamente non era la signora a lamentarsi. Non ne aveva alcun motivo e del resto anche volendo non avrebbe potuto.

Non ci si crederebbe ma il giorno successivo il capitano, accolto da un’ovazione trionfale, in un alone di leggenda faceva il suo ingresso nella terra promessa, cioè in Direzione Generale, ivi trasferito motu proprio dal mega direttore con provvedimento d’urgenza per motivi di servizio.Quando, tempo dopo, tentai con molta discrezione d’intervistarlo nel merito mi si confermò uomo di poche, essenziali parole. ‘Ah, se ci avessi pensato prima!’ disse solo, e si mordeva il dito! –

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Il Birri-pensiero !
Carmen - Habanera
 

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